Il cloud dovrà dare un servizio senza se e senza ma.
Il Presidente dell’AgCom, Corrado Calabrò ha avvertito: come diffusione della banda larga mobile siamo secondi in Europa, ma con l’attuale tasso di diffusione di smartphone la rete rischia il collasso.
Che l’ipotesi sia da scongiurare è inutile dirlo. Piuttosto va stabilito come fare per potenziarla, a chi spetta farlo, con quali risorse e a chi saranno addossati i costi aggiuntivi. Immaginando facilmente la risposta all’ultimo quesito non possiamo che estendere il chiaro ragionamento di Calabrò anche ad altri fenomeni, come il cloud computing.
Contestualmente, infatti, si stanno facendo alcune valutazioni circa la tenuta del sistema “a nuvola”. Se si avvereranno le previsioni di analisti come Idc, che per il 2012 stimano che il 20% delle attività di business non avrà più asset It (estremizzando, una su cinque sarà su cloud), allora il tema dei livelli di servizio da rispettare “senza se e senza ma” sarà sempre più centrale.
Senza rete non vale nemmeno la pena iniziare a parlare di cloud, ha fatto recentemente notare chi, come Bernardo Centrone di Orange Business Services, è al lavoro da anni per consolidarne una che sia di servizio al business e conosce bene gli aspetti legati alla logica del servizio.
E se in ambito consumer si può ipotizzare che per qualche minuto qualcosa possa non essere disponibile o rallentare (più che altro per abitudine) sul cloud i tempi di disservizio tollerati dalle aziende saranno pari a zero.
Questo è bene che lo sappiano i provider, ma anche gli stessi utenti, e ne facciano tesoro per quando sarà il momento di stendere gli accordi di servizio. Forse la partita del cloud la giocheranno meglio quelli che avranno messo un buon legale in squadra, da ambo i lati del campo da gioco.





