PUBLIKOMPASS – Una scelta culturale

L’esperienza di esternalizzazione di Publikompass, una delle maggiori concessionarie di pubblicità italiane, rappresenta un esempio più che calzante in ordine a ciò che significa fare outsourcing non per necessità, ma per scelta. «L’outsourcing che int …

L’esperienza di esternalizzazione di Publikompass, una delle maggiori concessionarie di pubblicità italiane, rappresenta un esempio più che calzante in ordine a ciò che significa fare outsourcing non per necessità, ma per scelta. «L’outsourcing che intendo io – ha esordito Luigi Pesce, responsabile It dell’azienda milanese – non nasce dall’impossibilità di gestire l’operatività dall’interno, o dalla necessità di ridurre i costi di esercizio o relativi al personale. Si tratta di una scelta culturale». L’idea del manager, infatti, è che Publikompass di fatto è una realtà commerciale, e per questa ragione la gestione dell’infrastruttura It non fa parte della propria mission.


All’interno, quindi, vanno tenute unicamente le risorse e le competenze specifiche del business aziendale che favoriscono l’integrazione con clienti e mercato, lasciando a chi ha gli skill necessari la gestione delle attività non core.


Partendo da questi presupposti, per affacciarsi al mondo dell’esternalizzazione è necessario che la situazione di partenza sia caratterizzata da un buon livello sia da un punto di vista organizzativo/strutturale che di livelli di servizio. In questo caso, infatti, ciò che l’azienda chiede al fornitore esterno è, sostanzialmente, una migliore qualità nell’erogazione dei servizi a un costo più basso e non certo di liberarsi di un peso che non è in grado di sostenere.


Facendo parte del Gruppo Fiat, Publikompass già dal 2002 rientrava in un accordo stipulato dal gruppo con Global Value per l’esternalizzazione dell’infrastruttura tecnologica.


Il primo passo compiuto dall’azienda è stata la riorganizzazione della struttura interna, passando alla gestione a noleggio dell’intero parco macchine. Il passo successivo è stato quello di affidare a Global Value tutti gli applicativi core dell’azienda, mantenendo la gestione diretta dell’Erp.


«In questa maniera – ha spiegato il responsabile It – esternalizzando tutta l’operatività, è stato possibile eliminare una pletora di consulenti esterni che era prima necessaria per la gestione di tutta l’infrastruttura applicativa, lasciando all’interno unicamente il personale con la conoscenza del business e gli skill e le competenze aziendali».


Dopo l’uscita del Gruppo Fiat dall’accordo con Global Value, Ibm è subentrata come outsourcer e a questa Publikompass ha rinnovato il desiderio di dare in affidamento la gestione degli enterprise server.


«Una delle ragioni principali per cui abbiamo sentito questa necessità – ha puntualizzato Pesce – sta nel fatto che l’azienda ha sede in centro a Milano in un edificio residenziale, all’interno del quale è localizzato anche il datacenter. Il primo vantaggio di trasferire le macchine presso un fornitore esterno sarebbe, quindi, quello di poter garantire un effettivo disaster recovery/business continuity, cosa decisamente complicata in una struttura diversa da un centro specializzato. In secondo luogo, in questo caso sgravandoci della gestione diretta del datacenter, si configura la possibilità di ottenere una maggior flessibilità nell’ambito del cambiamento di sedi, avendo come unico vincolo quello di concentrare le nuove linee di comunicazione nella struttura che ospita le macchine».


I vantaggi dell’outsourcing applicativo


È opinione del responsabile It di Publikompass che spesso in Italia si tenda a considerare l’It per quello che non è. Nel senso che lo scarso livello di cultura informatica, spesso è causa di una serie di atteggiamenti sbagliati. «Tanti guardano all’It alla stregua di un self service – ha continuato Pesce – al quale le varie persone all’interno dell’aziende chiedono modifiche, sviluppi e quant’altro senza alcun tipo di coordinamento, finendo spesso per contrapporre le proprie necessità con quelle di altri settori. Può darsi, per esempio, che l’amministrazione chieda degli sviluppi sui sistemi operativi di ciclo attivo, che, quindi, riguardano direttamente il business aziendale, magari sfavorendo alcune attività di tipo commerciale, e viceversa. È, invece, necessario che l’azienda faccia in modo che tali accadimenti non possano verificarsi, soprattutto alla luce del fatto che non deve essere dimenticato, che il software non viene realizzato per l’utente finale o per l’operativo, ma è sviluppato per l’azienda. In questo senso l’outsourcing applicativo può rappresentare, come lo è stato per Publikompass, una valida soluzione. Nel momento in cui esternalizzo le applicazioni aziendali e devo rapportarmi con un’entità esterna, si rende, infatti, necessaria una canalizzazione del rapporto».


In Publikompass sono nati vari referenti, o come li ha definiti il manager “process owner”, a cui le varie entità aziendali fanno riferimento per il rapporto con chi presta il servizio. A loro volta questi referenti veicolano le richieste ricevute a un responsabile del servizio It che ha il compito di filtrarle, verificare che non siano in contrapposizione e, quindi, orchestrarle.

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