Privacy: controllare sì, ma fino a un certo punto

L’avvocato Tiziano Solignani esamina la pronuncia del garante sul monitoraggio della navigazione dei dipendenti

La pronuncia del garante della privacy sul monitoraggio della navigazione su
Internet da parte dei dipendenti è apparsa a prima vista come un divieto
assoluto. A distanza di tempo torna sull’argomento l’avvocato Tiziano Solignani
che sul settimanale Linea Edp collabora alla realizzazione di una rubrica “L’avvocato risponde” dedicata al rapporto tra normativa
e nuove tecnologie. Solignani spiega come la pronuncia del garante sia
influenzata da almeno un paio di circostanze
che riguardano in
particolare il casso oggetto del pronunciamento e che quindi non si può
concludere, su un piano più generale, che il datore di lavoro non possa
monitorare la navigazione Internet del dipendente. Anzi.



Secondo Solignani la prima
particolarità

del caso sta nel fato che il lavoratore non aveva alcun bisogno di accedere alla Rete se non sporadicamente. “Per questo motivo – scrive l’avvocato –, il Garante ha
osservato che il datore, senza spingersi fino a esaminare i contenuti della
navigazione Web, avrebbe potuto, per verificare la violazione da parte del
lavoratore dell’obbligo di svolgere le proprie mansioni, limitarsi a
documentare l’esistenza di collegamenti di lunga durata alla rete
Internet
. L’analisi dei contenuti non è giustificata. In questo
contesto, invece, il datore ha preferito monitorare con precisione l’attività
compiuta su Internet dal proprio dipendente, conservando copia della cache di
tutti i siti visitati per un lungo periodo. Questa è la seconda circostanza
particolare, ma fondamentale, del caso concreto. Il Garante ha, infatti,
contestato al datore di aver ecceduto nel suo controllo.
Non ha detto che non avrebbe potuto farlo, ha detto solo che è stato troppo esteso. L’art. 11 del Codice della privacy prevede che il trattamento avvenga in modo lecito e secondo correttezza, nel rispetto “dei principi di pertinenza e non eccedenza rispetto alle finalità perseguite”
.




In pratica il datore di lavoro può monitorare
l’accesso a Internet
del dipendente, purché questo avvenga nella misura
strettamente necessaria a tutelare i suoi diritti di titolare d’azienda,

senza spingersi sino a “mettere in piazza”
i gusti, le tendenze, i problemi sanitari e altre
circostanze personali. Quindi per Solignani è possibile monitorare se il
dipendente si collega a Internet senza però spingersi a esaminare i contenuti.
Se però le mansioni prevedono l’utilizzo continuo del Web, il datore può anche
valutare i contenuti, purché sia indicato nel codice aziendale e purché il
controllo sia fatto in modo contenuto nei limiti strettamente necessari per la
valutazione dell’esecuzione delle mansioni oppure, a campione, per evitare che
vengano visitati siti vietati dalla legge.

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