Opportunità in chiave Itil per il fashion che innova

Confrontarsi sulla diffusione della cultura Itil e sull’adozione di esperienze particolarmente significative è un’esigenza sentita da parte delle aziende del luxury e del fashion. Chiamata a raccolta dal solution provider Scc, una nutrita schiera di re …

Confrontarsi sulla diffusione della cultura Itil e sull’adozione di esperienze particolarmente significative è un’esigenza sentita da parte delle aziende del luxury e del fashion.

Chiamata a raccolta dal solution provider Scc, una nutrita schiera di responsabili dei sistemi informativi del settore moda si è fermata a riflettere sulle potenzialità di uno strumento in grado di mettere a fattor comune le esperienze di diverse realtà. Certo, bisogna rendere evidente agli occhi della proprietà e del management i benefici di un approccio basato sugli standard, anche a livello di controllo costi, quando l’obiettivo aziendale si concentra sul raggiungimento di risultati finanziari.

Ma l’Itil con cui abbiamo a che fare oggi non è più l’esclusivo framework di processi che era nel 2001. La chiave di volta è rappresentata dai servizi It che, per essere misurati, vanno prima di tutto conosciuti e portati a livelli di eccellenza laddove realmente servono, perché l’implementazione di questo genere di approccio è effettiva solo quando l’organizzazione riesce a gestire in maniera autonoma proprio il miglioramento dei servizi It, sviluppando al proprio interno la capacità di riconoscere i servizi core e di gestirli. Si tratta di un atteggiamento che apre le porte a un approccio di Enterprise management service, che presuppone la condivisione della medesima lingua all’interno delle varie aree aziendali.

Il momento, comunque, offre grandi opportunità e porta a riflettere sull’outsorcing selettivo e la gestione dei processi, tematiche di forte interesse per gli It manager concentrati sull’ottimizzazione di infrastruttura e spese.

«In un momento di criticità come quello attuale è difficile portare l’attenzione della proprietà su questo tipo di aspetti che, da un certo punto di vista, diventano più un affare interno alla divisione It le cui risorse sono, spesso, limitate», ha esordito Fabio Aiazzi, direttore dei sistemi informativi di It Holding, realtà che controlla e coordina un gruppo di società che disegnano, producono e distribuiscono prodotti con marchi propri (Gianfranco Ferré, Malo, Extè), oltre che con marchi in licenza (Vjc Versace, Versace Sport, Just Cavalli, C’N’C Costume National e Galliano).

E mentre c’è chi constata che è soprattutto nei momenti di difficoltà economica e su ambiti più distanti dal management che si corre il rischio di prendere decisioni di pancia e non di testa, Roberto Ravasco, che all’interno di Emernegildo Zegna ricopre l’incarico di group system manager, sottolinea che «all’interno delle aziende fashion è più facile incappare in una mentalità volta alla ricerca dell’eccellenza del prodotto, più che del servizio interno. Questo anche in una congiuntura particolare come quella che si sta vivendo, in cui sarebbe strategico distaccare la concorrenza rendendo efficienti i processi», dando spazio a investimenti in innovazione e ricerca e non a licenziamenti.

Il clima che si respira pare, dunque, essere sempre lo stesso, a prescindere dai settori indagati e dalla dimensione dell’azienda che si ha di fronte. Quel “vorrei, ma non posso” dietro il quale si cela molto spesso un diniego a investire appare “miope”, ma non infondato, mentre si dovrebbe giocare la carta del cost effective, vale a dire del far meglio spendendo meno e guadagnando di più.

Suggerimento colto da Oscar Grignolio, director della divisione Information & communication technology di Dolce & Gabbana Industria, per il quale «poter contare su un’It vicina al business aziendale è la base per fare questo tipo di ragionamento, ma se manca è un problema. All’interno della nostra holding, il modello di managed account process è qualcosa che perseguiamo al fine di offrire il miglior supporto a livello di servizio, ma occorre anche valutare se il contesto temporale è funzionale a un certo tipo di scelta o meno. Perché se un forte periodo di sviluppo è senz’altro una solida base sulla quale muoversi, è altrettanto vero che la crisi non aiuta e occorre valutare tutte le opportunità».

Allo stesso tempo, però, se l’obiettivo è di farsi comprendere dal business, valutare utilizzando un metro di misura inappropriato appare una strategia sterile. Quando si parla di servizi bisognerebbe lavorare per priorità, istruire le parti coinvolte e condividere il progetto in toto. Un’impostazione che, da sola, non sembra soddisfare Patrizio Buda, Cio di Valentino Fashion Group che si interroga sul valore ricevuto dall’implementazione di questo tipo di logiche al netto del maggiore onere di un processo più strutturato e complesso.

Un ruolo importante è giocato anche dal mondo della formazione: per realizzare un nuovo ecosistema, infatti, le strategie del business devono allinearsi alla fornitura dei servizi It e gli investimenti in know how non devono essere considerati un costo, ma un valore aggiunto, anche quando i progetti richiedono tempi che, in ambito Itil, vanno dai 3 ai 5 anni.

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