Ogni famiglia avrà bisogno di 3,3 terabyte di storage

Un’analisi di Gartner evidenzia le richieste di storage da parte dell’utenza consumer. I dispositivi connessi porteranno a una crescita dei servizi in cloud.

Se le analisi degli ultimi due anni in più occasioni hanno messo in luce quanti dati le aziende stanno memorizzando “sulle nuvole”, probabilmente non hanno ancora preso la misura esatta di cosa succederà quando i dati in the cloud saranno quelli degli utenti consumer.

Secondo quanto emerge da una analisi di Gartner presentata in questi giorni, fino allo scorso anno solo il 7 per cento dei contenuti digtali degli utenti consumer è stato memorizzato in cloud.
Ma il desiderio e la necessità di potervi accedere in modalità ubiqua da dispositivi multipli porterà a una vera e propria epslosione del fenomeno ed entro i prossimi quattro anni ben il 36% dei contenuti degli utenti, dalle foto alla musica, dai documenti di lavoro ai video, risiederà su servizi di storage online.

Nell’era post-pc, sostiene Gartner, si utilizzano device connessi multipli e, soprattutto, c’è un interesse crescente verso lo user generated content.
Gli utenti fanno sempre più spesso ricorso alle personal cloud, con il risultato che i contenuti sempre più spesso risultano disaggregati rispetto al dispositivo.
Non solo.
La crescente diffusione di dispositivi dotati di videocamera, spesso ad alta risoluzione, porta con se un esponenziale incremento di foto e video, che a loro volta hanno necessità di nuovo spazio di archiviazione.

Al di là del fenome, è intessante parlare di numeri.
Se ancora nel 2011 lo spazio storage utilizzato dai consumer raggiungeva i 329 exabyte, entro quattro anni raggiungerà i 4,1 zettabyte
Suddiviso per famiglie, significa che si passerà da una media di 464 gigabyte del 2011 a 3,3 terabyte per ciascun nucleo nel 2016.

 Una parte significativa di questo spazio verrà resa disponibile direttamente dai social network, che offrono spazio gratuito per caricare foto e video da condividere. 

Ma ci sono anche fenomeni contingenti che hanno causato e stanno tuttora causando un crescente ricorso ai servizi online.
Le alluvioni dello scorso autunno in Tailandia hanno causato una carenza di dischi allo stato solido, convincendo gli utenti a guardare ai servizi online come alternativa allo storage personale, destinato a scendere da un dominio pressoché assocluto del 2001, quando ancora ospitava il 93% dei contenuti, a un decisamente più modesto 64% del 2016.

Interessante, da quanto emerge dallo studio, è il percorso di adozione.
In primis si appoggeranno ai servizi gratuiti, offerti spesso come complemento all’acquisto di tablet o smartphone, per poi approdare alle soluzioni in abbonamento mano a mano che trasferiranno sempre più contenuti online.

Non solo.
Progressivamente si andrà affermando una sempre più stretta integrazione tra storage locale e servizi di home networking, cghe garantisce agli utenti accesso ubiquo ai dati, senza togliere loro il controllo sugli stessi.

Una evoluzione della quale gli attori del comparto non possono non tenere conto e che influenzerà anche i modelli di go to market futuri.

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