Le nomine delle Autorità sono state politiche ed hanno ignorato qualsiasi forma di rinnovamento. Ma non è detto che Internet si sia presentata nel modo più corretto.
La cronaca delle nomine è ormai nota, ma ripetiamo la fredda cronaca. All’Agcom sono andati Maurizio Dècina (Camera, 163 voti), Antonio Martusciello (Camera, 148), Antonio Preto (Senato, 94) e Francesco Posteraro (Senato, 91).
All’Autorità garante della privacy invece sono stati chiamati Giovanna Bianchi Clerici (Camera, 179), Antonello Soro (Camera,167), Augusta Iannini (Senato, 107) e Licia Califano (Senato, 97).
Le critiche sono state feroci già in Parlamento, figuriamoci in Rete.
“Quanto sta succedendo nella politica italiana è veramente immondizia”, ha tuonato Andrea Lisi, avvocato digitale dal suo blog. “Il paese affonda e invece di dare un segnale di cambiamento i nostri politici continuano ad interessarsi di pura gestione e spartizione del potere anche in materie delicate come concorrenza e privacy. E per di più con l’aggravante di prendere in giro persone serie come Guido Scorza, Fulvio Sarzana, Raffaele Zallone, Luca Bolognini e tanti altri”. Siamo perfettamente d’accordo.
Sia chiaro, non tutti i nomi sono inadeguati, non foss’altro per la presenza di Maurizio Dècina. C’è da temere che sia stato preferito anche per risolvere le sicure critiche. Ma “non c’è stata alcuna audizione nelle Commissioni parlamentari per vagliare i candidati”, racconta Repubblica con molti dettagli.
Oltre novanta i candidati AgCom, ancora (a noi) sconosciuto l’analogo numero per la privacy.
E’ indubbio che si sia trattata di una operazione squallida. Ma qui non vorremmo parlare dello squallore della politica, bensì delle azioni della Rete. Come operazione preliminare consiglio la lettura dei nomi dei candidati e dei loro proponenti.
“Il popolo della Rete” è un termine retorico che non ha nessun riferimento reale, almeno a nostra opinione, per cui non parleremo di sua sconfitta.
Ma a ben guardare tra le candidature c’è stata un’accozzaglia di proposte di vario tipo: persone veramente e sinceramente interessate all’incarico, rappresentanti di lobby più o meno valide e varia umanità.
Per dirla francamente: non c’è il popolo, non c’è neanche la borghesia, solo alcuni uomini seri, poi retorica e velleità. Almeno nel senso classico, rivoluzioni non ce ne possono essere. Anche se non è detto che la Storia debba insegnare.





