Nel «nuovo mondo» piace il lavoro remoto

Un sondaggio su oltre 1.000 manager d’Oltreoceano indica una propensione a concedere spazi di lavoro diversi. Ma conta anche il luogo: la casa non è l’albergo.

Secondo un’indagine condotta da InsightExpress per conto di SonicWall su 1184 manager in America e Australia i responsabili aziendali e il management in generale sono sempre più propensi ad accettare che i loro dipendenti lavorino in remoto, ma guardano con preoccupazione all’impatto che tale tipologia di lavoro può avere sulla produttività, sulla sicurezza e sul cosiddeddo “teambuilding”.

L’indagine ha indicato che più della metà degli intervistati sono convinti che offrire agli impiegati la possibilità di lavorare in remoto rappresenti una necessità concorrenziale o un nuovo stimolo per i lavoratori. Più di un terzo manager intervistati hanno dipendenti che lavorano fuori sede per più del 20% del loro tempo.

Le ragioni principali che spingono a favorire il lavoro in remoto sono la motivazione dei dipendenti (per il 26%), il costo dello spazio in ufficio (per il 15%), l’aumento dei prezzi della benzina (per il 14%), il traffico o le condizioni atmosferiche (per il 14%).
Metà di coloro che hanno partecipato al sondaggio affermano che le loro aziende hanno implementato policy formali per il lavoro in remoto.

Nonostante tale crescente sostegno al lavoro fuori sede, i manager hanno identificato diversi punti deboli specifici alla gestione della forza lavoro remota.

Le tre principali fonti di preoccupazione riguardano, in primis, la produttività effettiva e costante dei lavoratori remoti, nonostante la maggior parte dei manager (il 34%) siano convinti che i lavoratori remoti sono più produttivi dei loro colleghi in ufficio. Poi viene la possibilità di costruire gruppi di lavoro solidi, con il 15% degli interlocutori che ritiene che i lavoratori remoti non riescano a raggiungere questo obiettivo proprio perché non sono fisicamente in ufficio. Ha il suo peso anche il rischio che si creino brecce nei sistemi di sicurezza attraverso l’accesso remoto, che riguardano in particolare quasi un quarto degli intervistati che non hanno implementato policy di sicurezza per l’accesso remoto.

L’esatta ubicazione dei dipendenti che lavorano in remoto è importante per i manager. La maggior parte, ovvero il 22%, preferisce pensare che il loro staff lavori da casa, mentre un 16% ritiene accettabile che lavori da centri servizi di alberghi. Una limitata preferenza, fra il 6 e il 9%, è stata data ai bar, agli aeroporti, alle biblioteche pubbliche e agli hotspot wireless. Meno del 2% degli intervistati guarderebbe con favore a quei lavoratori che scelgono una spiaggia, una piscina o uno stadio con possibilità di connessione per condurre le proprie attività.

L’indagine ha anche dimostrato le carenze in fatto di preparazione delle reti aziendali a supportare l’accesso remoto sicuro. Secondo i risultati, solo il 23% degli intervistati ha software antivirus installato sui computer e laptop personali, e appena il 16% offre una connessione Ssl-Vpn, il 14% ha una connessione IpSec, il 9% non sa nemmeno se è attivo un sistema di sicurezza per i dipendenti remoti. Solamente il 34% dei manager aveva la certezza che l’azienda avesse adottato policy di preparazione alle emergenze che includono i lavoratori remoti; il 13% degli intervistati non ne era a conoscenza, il 27% ha dichiarato di non avere nessun piano e il 27% aveva un piano che non include i lavoratori remoti.

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