Modelli sbagliati

Per la stampa 3D c’è da pensare ad un cammino fino al service sotto casa, più per Fuji che per HP. Il successo domestico della stampa 2D ha seguito una sua strada, non replicabile e già finita.

Si parla sempre di più di stampa 3D, o più correttamente stampa di oggetti, come emblema del nuovo mondo degli artigiani digitali, insieme a molte altre tecnologie. Molto spesso capita di sentire che grazie alla possibilità di produrre in casa piccole serie di oggetti, al limite anche pezzi singoli, verranno creati nuovi posti di lavoro in gran quantità. E’ pura fantasia, si sappia: i nuovi posti di lavoro sono pochi e vanno a discapito di soluzioni precedenti oggi non più efficienti ma che davano molti posti di lavoro. Un chiaro esempio è la ricambistica, di qualsiasi tipo, oggi prodotta da impianti ed operai, domani episodicamente stampata sotto casa.
Spinti dal sogno, molti pensatori arrivano a sognare una stampante ad oggetti in ogni classe, se non in ogni casa. Follia. Se così fosse, case e classi sarebbero in breve tempo riempite di oggetti privi di forma sensata, che finché restano nei pastelli vanno bene, ma che certo non ci guadagnano dalla terza dimensione. La gran parte di chi pensa ad una diffusione capillare di questi strumenti vede solo i kit di automontaggio in vendita a pochi soldi, ma che non hanno nessuna garanzia di sicurezza (area di stampa aperta, punto caldo accessibile, alimentazione insicura) oppure quei dispositivi che benché abbiano lo chassis chiuso hanno ancora problemi di sicurezza termica ed elettrica.
Che questi kit di montaggio diventino un successo industriale è relativamente poco probabile. E’ più probabile che siano i modelli di qualità, Stratasys o Objet o altri, che dagli attuali 15 mila euro minimi scendano rapidamente a 5 mila e poi via via si avvicinino ai 2 mila, ma sempre sicuri ed affidabili, quale ne sia l’uso che si vuol farne.
Alcuni ritengono che con il 3D si replichi il successo delle stampanti 2D. Forse bisogna aspettarsi che a tracciare la strada sia l’azienda che a suo tempo fu leader di quel mercato, ovvero Hp. Ovviamente con nuovi investimenti, anche una nuova acquisizione, come indicano analisti piuttosto accorti.


Modelli di business

La causa di questo modo di pensare non è però nel device, bensì nell’environment, nell’industrializzazione della stampante, e prima di lei del personal computer. Ma siamo sicuri che nell’ambientazione odierna il loro modello di business sia ripetibile?
A ben guardarli, sembra proprio di no: le femminucce (stampanti) sono ormai scarsissime e i maschietti (Pc) sono in via d’estinzione. In particolare della stampante in casa non avevamo alcuna necessità, ma poiché prima c’era il Pc, è stato semplice proporre un modello di vendita simile. Ne sono state vendute quantità impensabili, ed oggi sono quasi introvabili. Non si stampa più molto e quel che serve si fa da un amico (tra i pochi ai quali serve), in ufficio o in copisteria.


Modelli 3D

Se quello della stampante è stato un percorso strano ed unico, la terza dimensione promette di seguire strade commerciali più ragionevoli. Perché se trattare di font o toner in qualche modo è accessibile a tutti, quando si passa alla modellazione 3D, agli estrusori, ai modelli di fluidodinamica e peggio ancora alla scansione 3D la questione non è certo alla portata di bambini o di un qualsiasi medio adulto. Certo la tecnologia diventerà più semplice e sicura.
Con altrettanta certezza ci saranno sempre più cataloghi on-line di oggetti già pronti da stampare. Visto che dovremo pagare per l’uso del modello, perché non comprare direttamente l’oggetto, direttamente spedito a casa?
Ecco perché non sembra ragionevole vedere una stampante di oggetti in ogni casa. Va quindi seguita un’altra strada, come preferenziale: la stampa in 3D-copisteria. Qualcuno ci prepara il modello e noi lo mandiamo per mail al service di quartiere, che ci dice quando sarà pronto per il ritiro o aggiunge la consegna locale. Come dite? Ci avevate già pensato? Anch’io. Ma a fare un franchising ci vuole fortuna, avvocati capaci e molto tempo. Invece, et voilà, ci sono colossi già pronti, come Fuji. Dopo tante idee sulle fotografie più o meno tridimensionali, ha fatto qualche tentativo con 3Dprinting vending machines ed ora pensa di proporre il servizio ai suoi affiliati in giro per il mondo. Quelli teoricamente interessati sono migliaia e migliaia. Poi arriveranno gli altri.

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