Microsoft e la Polizia per l’Internet sicura

Previsti seminari itineranti per le scuole oltre a pubblicazioni formative

Informarli non sarà mai abbastanza. Ma spiegare a un adolescente che Internet
non è sicuro non è facile, anche se, visti i crimini informatici che coinvolgono
gli adolescenti, si tratta di un attività sempre più doverosa. Eppure il 93% dei
bambini che utilizza Internet naviga da casa, spesso senza la presenza dei
genitori (47%) e anche in ore notturne (15%). I dati li snocciola uno che ha che
fare con 15/20 mila bambini all’anno che hanno avuto problemi di
pedopornografia, virus, adescamenti o truffe. Lui è Marco Valerio Cervellini,
responsabile per la Polizia Postale e delle Comunicazioni dei progetti di
educazione alla legalità e navigazione sicura. E lo dice chiaramente: “le 1800 persone della Polizia Postale impegnate in questo ambito non sono sufficienti per tenere sotto controllo la situazione ed è importante che nel nostro Paese si vada ad affermarsi una sorta di modello di sicurezza partecipata”.



Proprio come quella che ha
organizzato

Microsoft che, però, ha deciso di non essere la sola in una campagna di informazione sul territorio e che portando in “cordata” anche Telecom Italia, così come Unicef, Poste
Italiane, Telefono Azzurro e Moige (il Movimento italiano genitori). Assieme
stanno collaborando nel progetto Internet Safety (patrocinato anche dal
Ministero degli Interni e da quello delle Politiche per la famiglia) che prevede
seminari itineranti per le scuole, pubblicazioni formative (come quella proposta
da Topolino sul numero 2660 in questi giorni in edicola) e attività informative
varie (vedi anche www.apprendereinrete.it).



Ognuno ha messo del suo.

Microsoft, in particolare, che fa rientrare questa attività in un progetto di Social Responsability più ampio (che prende il nome di Sicuramente Web), ha fornito sia alla Polizia postale un software di tracciabilità che strumenti per un call center operativo sull’argomento in carico a Telefono Azzurro (Hot114) presso la sede di Palermo.

Il resto ce lo deve mettere anche il genitore (ovvero tutti noi) perché come suggerisce Cervellini “Internet non va usato come baby sitter virtuale”.

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