Presentato il nuovo servizio che prevede la connessione in banda larga gratuita. E supera la legge Pisanu
McDonald’s diventa sempre più italiano. “Non chiamateci fast food” afferma infatti il managing director Roberto Masi presentando il nuovo servizio di connessione gratuita Wi-fi senza limiti di tempo presente da oggi in 320 locali della catena. Il servizio accompagna l’evoluzione dei ristoranti della catena Usa che ha cambiato arredamento a circa il 60% dei locali, introdotto nuovi piatti e panini che utilizzano anche i prodotti Igp dell’alimentare made in Italy (questo è il mese della pancetta affumicata della Val Venosta) rilanciando in questo modo la concorrenza verso pizzerie, ristoranti e bar (sono stati lanciati anche i locali McCafé per la prima colazione) della Penisola.
Un affrancamento dalla vecchia immagine del fast food, con relativo allargamento del target che comprende clienti più maturi rispetto a teenager e famiglie, che si avvantaggia rispetto a molti pubblici esercizi “classici” con il lancio del servizio gratuito Wi-fi per i clienti.
Inesistente nei ristoranti, presente raramente nei bar e se c’è sicuramente a pagamento negli alberghi, il wi-fi è un plus considerevole per una clientela che sempre di più apprezza la connessione senza fili via pc o cellulare.
Non è stato facile però combattere contro la burocrazia. Roberto Masi, managing director di McDonald’s Italia, non ha difficoltà ad ammettere che proprio il decreto Pisanu (che regola l’accesso a Internet nei luoghi pubblici) è stato l’ostacolo più impegnativo da superare.
La multinazionale americana, infatti, ha impiegato circa un anno e mezzo per superare i limiti imposti dalla normativa che chiede la fotocopia della carta d’identità agli utenti di una connessione situata in un luogo pubblico. Un periodo di tempo speso nelle trattative con il ministero delle Comunicazioni e poi con le questure dei 195 comuni in cui sono presenti i locali della catena.
La trattativa con il ministero ha aperto la strada a una soluzione che rappresenta una case history interessante per lo sviluppo del wi-fi in Italia nei pubblici esercizi.
Per evitare la fotocopia della carta d’identità, che avrebbe reso quasi impossibile la fornitura del servizio in locali frequentati come quelli di McDonald’s, si è ricorso a una procedura di iscrizione online che a fianco dei dati personali dell’utente prevede il numero di carta d’identità e quello del cellulare.
Un doppio riscontro espressamente richiesto dal ministero delle Comunicazioni, che ha chiesto anche il numero di una Sim rilasciata sul territorio italiano, e quindi permesso a McDonald’s di evitare ai locali la fotocopia del documento.
Superato un po’ “all’italiana” l’ostacolo, la catena ha dovuto passare attraverso le questure a cui spetta il rilascio dell’autorizzazione. E qui le risposte sono state le più varie. Si è passati da chi si è chiesto cosa volesse McDonald’s dalla questura a chi ha rilasciato l’autorizzazione senza chiedere nulla (Roma) a chi (Milano) ha voluto la planimetria dei locali e la certificazione degli hot spot.
Alla fine la battaglia è stata però vinta e da oggi nel regno dell’hamburger si naviga in banda larga larga Adsl o Hdsl, secondo la disponibilità sul territorio. Il provider è Bt Italia, mentre l’altro partner è Libero.it la cui home page sarà il punto di partenza per la navigazione.
Ma i clienti non rischiano così di fermarsi troppo? A parte che la parola fast fa sempre meno rima con McDonald’s, Roberto Masi non vede, per ora, grandi pericoli all’orizzonte. Anzi, il servizio dovrebbe contribuire ad aumentare l’afflusso anche durante le ore morte del giorno con un pubblico differente. Dall’Australia giungono però i primi segnali. Dall’altra parte del mondo, dove il Wi-fi c’è da tempo, si pensa di riservare un’area dei locali ai troppo stanziali clienti che con un hamburger si attaccano per ore a Internet.
A scanso di equivoci, ha sottolineato Masi, i nuovo locali sono tutti più grandi.





