Mail: prima della priority, ci vuole attenzione

Un fenomeno crescente è la disattenzione nel leggere le e-mail. Immagino che sarà capitato anche a voi: vi affido le mie riflessioni.

Personalmente passo gran parte del mio tempo a riscrivere mail o parti di esse, alle volte in maniera diversa, immaginando che l’incomprensione sia colpa mia. Ma non riesco più a farmi carico d’un problema evidentemente altrui: io le mie le leggo tutte.
Anche Google pare aver individuato il problema del cattivo seguito che si da alle mail e recentemente ha istituito il servizio di priorità o di autocatalogazione, grazie ai quali i messaggi meno importanti vanno in una finestra sottostante, mentre quelli più importanti e degni di attenzione immediata restano in alto.
Lo sto provando con relativo interesse: l’importanza non dipende dal mittente o dall’argomento, bensì dal fatto che sia richiesta una azione e dall’impellenza dell’azione medesima.
E vi prego, o Dèi Programmatori: smettete di vellicare manovellismi sui profili di Facebook o sulla geolocalizzazione e datemi un algoritmo che aiuti in questo compito. Non solo io, ma l’intero mondo che lavora ve ne sarà grato in eterno.

Leggete tre righe?

L’episodio che mi ha spinto a fare di queste riflessioni un vero e proprio articolo è fresco fresco di giornata. Per confermare un appuntamento ho avuto bisogno di cinque mail inviate e quattro risposte. La mia mail più lunga era di tre righe, ma il mio interlocutore non ha mai dato prova di leggerle tutte, e questo l’ho capito al secondo scambio. Dalla terza mail in poi l’orario proposto l’ho messo in oggetto, subito dopo la parola chiave che identificava la conversazione. Ma all’ultima mail, che come la penultima aveva in oggetto l’orario proposto per l’appuntamento, m’ha risposto chiedendo a che ora potessimo quindi incontrarci, mi son cadute le braccia.
Nel caso specifico, la mia deduzione è che questa persona, pur avendo preso un impegno, non provi gioia nel mantenerlo e quindi automaticamente si distragga nel comunicare con me cose anche elementari. Anche questo capita spesso, ma essendo un fenomeno psicanalitico ne lascio l’analisi ad altri.
Per me questo è un andazzo che riguarda una buona metà dei miei interlocutori elettronici, per cui estrapolando ritengo che così accada anche agli altri. Mi si potrebbe dire che sono antipatico o poco chiaro e che quindi è un problema mio.

Siete stressati?

Passo allora all’esempio due. Proprio ieri un’amica, dirigente di comunicazione in una multinazionale Ict, mi aveva sollecitato sull’argomento. Io le ho confermato che lei non legge le mie mail e che risponde su uno solo dei punti presi a caso tra gli argomenti del testo. La sua giustificazione di un comportamento che dichiara di avere con tutti è lo stress, inafferrabile Megera (dal greco “invidiosa”) facente parte del trio delle Erinni. Troppo spesso si demanda a figure mitologiche la responsabilità di colpe proprie.
Ovviamente ci sarebbe un piccolo distinguo: chi risponde dallo smartphone trova certamente più scomodo leggere tutta la mail e rispondere punto per punto. Ma in linea teorica, una volta tornati in possesso d’un dispositivo connesso con tastiera e schermi idonei, sarebbe il caso di riprendere le mail momentaneamente evase e completare il lavoro in maniera coerente.

Sindaco della stanza da bagno

Insomma, a me sembra un vero e proprio andazzo. E lo ammetto: io ho difficoltà a giustificare chi non legge le mail. Per me, che scrivo programmi su programmi con elenchi puntati ed indentati a più livelli, il fenomeno è un vero disastro. La disattenzione in lettura invalida completamente l’assoluta bellezza della posta elettronica, ovvero la programmazione asincrona delle cose e il controllo a differita variabile, ma contemporaneo di tutte le componenti del processo.
Mi si dirà che ormai la posta elettronica è uno strumento poco usato, superato da sms, twitter e facebook, ma io ne rido. Non sottovaluto lo spamming che rappresenta oltre il 90% di tutti i messaggi, ma quella è la destinazione di qualsiasi canale maturo: qual è la percentuale di televisione guardabile? Ah già, i nostri figli non guardano più la televisione: passano le ore ascoltando il Tom Tom, perché senza non sanno andare neanche in bagno.
“I just became the mayor of my restroom”, scriverà un poeta del 2012.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome