L’Italia rincorre la crescita It europea

L’aggiornamento dei dati dell’Eito mette a nudo la difficoltà del nostro paese di recuperare il gap in fatto di investimenti tecnologici

La significativa ripresa del mercato dell’It in Europa (+3,8% prevista
nel 2006), beneficia dell’onda in forte crescita che caratterizza il mercato
mondiale. Un ulteriore rafforzamento è previsto per il 2007,(+4,2%),
trainato da software e servizi che cresceranno del 6,5% e del 5,4%. Le Tlc,
invece, dovrebbero toccare un +2,5% nel 2006 e un +1,7% nel prossimo anno, effetto,
come ha sottolineato Bruno Lamborghini, presidente di Eito, di una forte concorrenza
dei prezzi e di una ancor limitata offerta di servizi su Ip. Il bollettino dell’Eito
mette a nudo i problemi italiani: l’Ict tricolore crescerà del
2% nel 2006 e del 2,1% nel 2007: nello specifico l’It arriva a un +1,7%
nel 2006 e le Tlc a un +2,2%, mentre nel 2007 i valori sono rispettivamente
+2,5% e +1,9%. Peggio fa solo la Germania dove l’aumento previsto per
quest’anno sarà dell’1,6%. Sicurezza, outsourcing, verticalizzazione,
opensource e applicazioni per il Web 2.0 sono i principali trend di sviluppo
in un continente dove i paesi dell’Est vanno alla grande (in media del
10% nel 2006 che scenderà al 9,1% nel 2007) e gli altri seguono la Spagna
dove l’Ict crescerà del 5,2% nel 2006, seguita dal 3,5% del Benelux
e dal 3,3% del Regno Unito.

L’Italia si ritrova, come al solito, sotto la media europea, fatto che
spinge Giancarlo Capitani, amministratore delegato di NetConsulting, a sottolineare
per l’ennesima volta che continua ad aumentare il digital divide e questo
per tre motivi: l’elevata frammentazione delle Pmi che investono poco
in It; la presenza di una Pa inerte che spende per l’innovazione 51 euro
per abitante (contro i 254 della Svezia) e che genera inefficienza e impulsi
poco innovativi sul Sistema paese; la frammentazione delle imprese Ict in Italia
che conta 112.000 realtà, di cui ottantamila sono It (il 93,3% con meno
di 10 dipendenti). Capitani rilancia, dunque, la necessità di avviare
progetti paese per turismo, sanità, trasporti e mobilità, ricorda
che bisogna favorire la diffusione dell’Ict in Pmi e distretti, che c’è
bisogno di una Pa digitale integrata e di favorire l’aggregazione di imprese
It e Ict. Roberto Masiero, presidente di Idc Emea, invece, osserva che la scarsa
crescita dell’Ict italiana non incide neanche tanto sul Pil del paese.
Non si è sempre detto che l’Ict è strategica perché
il suo sviluppo porta benefici alla produttivià delle aziende e al Prodotto
interno lordo? Ecco, per l’Italia questo sembra non valere. Il nostro
paese, secondo Masiero, ha una capacità di trasmissione bassa fra crescita
It e crescita del Pil, anche se, probabilmente, con dati più analitici
si potrebbe dimostrare il contrario. Secondo l’Istat, infatti, 1,5 milioni
di aziende da 0 a 9 dipendenti non utilizzano strumenti informatici. In questo
fosco panorama, Masiero intravede però scenari di ripresa. Le esportazioni,
per esempio, diminuiscono in volume ma aumentano in valore. Un dato che si spiega
con il fatto che in alcuni settori forti del made in Italy le aziende hanno
aumentato il loro livello tecnologico e sono state capaci di creare prodotti
a maggiore valore aggiunto.

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