L’It governance «in cassaforte»

Il Cio di Crif, Leonardo D’Amico, racconta una storia di gestione ottimizzata a tutto beneficio dei dati bancari.

Fondato a Bologna nel 1988, Crif è un gruppo di respiro internazionale attivo nella realizzazione e gestione di sistemi di informazioni creditizie.
La società distribuisce, a livello mondiale, servizi online per il supporto alla gestione strategica del credito, fornendo informazioni su svariati settori e su oltre 50 milioni di imprese (quotate e non) in 230 paesi. In Italia, utilizzano i suoi servizi oltre 440 banche e società finanziarie.


La società sviluppa applicativi in ambiente distribuito già da un decennio, anche se i servizi tradizionali (rivolti al mercato bancario) poggiano su un’infrastruttura imperniata sul mainframe. Crif sentiva già da tempo l’esigenza di rendere più modulare e flessibile la propria offerta, oltre che di migliorare il monitoraggio dei servizi erogati (in particolare per verificarne la qualità, in ottica di Service level agreement).


Ecco perché, nel 2003, ha cominciato a valutare l’idea di dismettere il mainframe, gestito in outsourcing, per passare a un ambiente distribuito e controllato internamente.


«Volevamo internalizzare i processi strategici per l’azienda – chiarisce Leonardo D’Amico, Chief information officer di Crif -. Producendo servizi informatici, infatti, non potevamo continuare ad affidarci a terze parti per la gestione dell’It. La possibilità di disaccoppiare le esigenze, acquisendo maggiore flessibilità sul fronte dell’offerta era un’esigenza sentita, anche perché eravamo convinti che la dismissione del mainframe ci avrebbe consentito significativi vantaggi operativi nel medio periodo».


Si rendeva necessario ripensare le funzionalità del sistema It, riscrivendo tutte le applicazioni e riorganizzando i processi, garantendo gli stessi livelli di servizio del mainframe anche in ambiente aperto.


L’obiettivo che l’azienda si è posta è stato quello di una reingegnerizzazione spinta dell’intero sistema informativo. Per avere un’idea della complessità del progetto, basta pensare che si tratta di un’infrastruttura che supporta quotidianamente oltre 200.000 transazioni, con un database in grado di gestire gli oltre 50 milioni di anagrafiche provenienti da 440 istituti creditizi italiani.


La movimentazione è notevole: Crif gestisce online 30 milioni di contratti, aggiornando continuamente la base dati grazie ai contributi provenienti dalle banche associate al servizio.


Sfruttando le competenze It interne, la società ha approntato un progetto della nuova architettura, che ha sottoposto a Gartner per una verifica. Alla fine del 2003, dopo l’approvazione da parte della società di analisi, Crif ha iniziato a cercare un partner per questa “migrazione”. La scelta è ricaduta su Hp.


«Mentre altri ci hanno sconsigliato di procedere verso un obiettivo che ritenevano irraggiungibile – prosegue il manager -. Hp, invece, ci ha supportato dal punto di vista tecnologico-operativo, sostenendoci nella progettazione della soluzione migliore e comportandosi come un vero e proprio system integrator super partes, più che come un vendor».



«Per un anno – tiene a sottolineare D’Amico -, Hp ci ha messo a disposizione il laboratorio di ricerca e sviluppo di Cernusco, per consentirci di effettuare il test delle piattaforme dalle quali è stato gemmato il software che monitorizza il sistema attuale».


Lo scorso gennaio il nuovo ambiente di produzione ha iniziato a lavorare in modalità parallela con il vecchio. Per sei mesi, le richieste che arrivavano all’host sono state elaborate anche in ambiente distribuito. In questo modo, è stato possibile verificare e controllare la corrispondenza dei livelli produttivi e di qualità, operando su un campione consistente di operazioni.


Durante un weekend di agosto, dopo un anno e mezzo di lavoro, le applicazioni host vengono migrate alla realtà distribuita.


«Il nuovo sistema introduce alcune migliorie sostanziali – sostiene il manager -, in particolare un monitoraggio ancora più puntuale. Inoltre, su un sistema unico di elaborazione come il mainframe dovevamo necessariamente effettuare il batch di notte o nei weekend, non avendo una potenza tale da permetterci di lavorare in sincrono. Oggi, invece, possiamo fare elaborazioni parallele, online, anche durante il giorno».


Il progetto ha offerto anche l’opportunità di realizzare la continuità operativa. La società ha, infatti, posto la metà delle macchine che monitorizzano la produzione in un secondo centro, distante 12 chilometri dalla sede bolognese, collegato a questa in una Wan (Wide area network) tramite una rete in fibra ottica: «Sul mainframe – conclude D’Amico – avevamo solo la disaster recovery, con tempi di ripartenza molto lunghi dell’ordine minimo di sei ore».

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