L’innovazione tecnologica per Intel deve facilitare il lavoro delle imprese

In questi ultimi tempi, le aziende hanno perso la capacità di riflettere sul ruolo della tecnologia prima di acquistarla: di per sé, infatti, non è buona o cattiva, conta solo l’uso che se ne fa. Questa la filosofia che guida l’impegno su più fronti del colosso dei chip.

In occasione dell’Intel Developer Forum di Monaco, un seminario quasi interamente basato sulla tecnologia, abbiamo intervistato Gordon Graylish, director sales and marketing Intel Cso Emea, cercando di far emergere alcuni aspetti strategici della società relativamente al momento congiunturale in atto. In particolare abbiamo analizzato le nuove filosofie di utilizzo dei sistemi, specie di quelli portatili, che potrebbero cambiare radicalmente e definitivamente il modo di lavorare delle aziende.

Gli analisti ritengono che questo momento sia dovuto a una precedente "indigestione tecnologica" che spinge le aziende a ridurre gli investimenti. Qual è la sua opinione?


"Parlando di indigestione, in particolare in alcuni settori come quello delle Tlc, la vera causa non è la tecnologia, ma il denaro. Le aziende hanno speso così tanto per le infrastrutture che non ce la fanno a investire ancora, hanno troppi debiti. Nelle altre aziende, invece, l’indigestione è rappresentata da acquisti non giustificati, senza una reale applicabilità. Gli utenti non cercano la tecnologia, vogliono poterla usare, con naturalezza. Purtroppo le nuove tecnologie passano sempre attraverso un periodo di instabilità e di costi molto alti. Intel conosce bene questo problema, è per questo che abbiamo investito più di chiunque altro per aiutare l’ecosistema industriale a superare questa indigestione momentanea rendendo le cose più semplici".

Ci può fare qualche esempio?


"La banda larga di Internet, ad esempio, è una tecnologia molto complessa, la sovrapposizione di diverse metodologie. Abbiamo lavorato per prima cosa sugli standard, per far in modo che le differenti tecnologie e i differenti fornitori comunicassero fra loro. Poi abbiamo lavorato sui problemi di business: all’inizio l’installazione di un’Adsl era una specie di odissea. Abbiamo lavorato con le aziende di computer per arrivare ad avere sistemi con banda larga integrata, come plugin del sistema. Abbiamo anche lavorato con le aziende per realizzare modem Usb. In questo modo abbiamo reso la banda larga più semplice. Abbiamo lavorato sul software, per migliorare la gestione delle periferiche. Abbiamo anche spinto gli operatori di telecomunicazioni alla diffusione della banda larga, in cambio abbiamo aggiunto valore ai pc. Riguardo alle reti wireless la tecnologia c’era già, ma per risolvere il problema si doveva adattarla alle necessità. Lo standard 802.11b usava una frequenza che non era abbastanza libera e quindi abbiamo lavorato con le aziende per arrivare a un nuovo standard: 802.11a, 32 Mbit più veloce, nessuna interferenza, stabile. Ma è stato necessario lavorare con le Pubbliche amministrazioni per poter disporre della frequenza. Per evitare l’"indigestione" in questo caso abbiamo sponsorizzato le aziende per garantire l’interoperabilità fra i diversi sistemi, abbiamo lavorato per rendere disponibile il wireless sui sistemi portatili in modalità nativa; infine abbiamo lavorato con le aziende di software per risolvere i problemi di business: autenticazione, billing, utilizzabilità pratica. Qui l’"indigestione" è quella che mi fa diventare uno "smanettone" per avere un servizio. Vogliamo arrivare allo stesso livello in cui oggi siamo con il Gsm: pop- and-play".

Non crede, dunque, che le aziende siano sovraccariche di tecnologia?


"Prima di tutto una precisazione: io non credo che i clienti acquistino tecnologia ma funzionalità, per questo dobbiamo offrire le migliori funzionalità nel modo più economico possibile. È probabile che molte aziende abbiano fatto investimenti sbagliati in alcune aree, ma, sinceramente non credo che siano invase di tecnologia. C’è però una serie di problemi connessi all’uso che le aziende pensavano di farne. Prendiamo il Crm: per ogni Cio ha rappresentato uno degli investimenti maggiori di questi ultimi anni. Un’azienda spende 30 milioni di dollari per acquistare hardware e software e scopre solo dopo che il Crm vuol dire cambiare i processi, modificare il modo di gestire l’intera azienda. In questo caso un errato uso della tecnologia diventa indigestione, soprattutto perché deve essere giustificato. Le aziende in questi ultimi tempi hanno perso la capacità di riflettere sull’uso della tecnologia prima di acquistarla – la tecnologia non è buona o cattiva: conta solo l’uso che se ne fa.


È sbagliato pensare "qui servono più Mips…, …la rete deve essere più veloce" e non "devo fornire più rapidamente i dati di business, …sulla rete passano informazioni più complesse, …l’ambiente operativo deve essere più sicuro…". Ma per consentire tutto questo dobbiamo utilizzare tecnologia. Oggi possiamo avere sistemi un milione di volte più potenti allo stesso prezzo di quello che acquistavamo negli anni 80. Ma questo non è sufficiente a giustificarne l’acquisto: bisogna riflettere sui problemi che si devono risolvere. Prendiamo ancora il wireless: oggi è così semplice da utilizzare, il costo si è abbassato, è una tecnologia stabile: ma quello che la rende "buona" è il fatto che posso collegarmi alla mia azienda da un aeroporto o da un bar. In questo caso non si tratta solo di una tecnologia, ma di rendere possibile lavorare in modo veramente indipendente dalla lunghezza del filo che collega il nostro laptop alla rete aziendale".

Ma come intende Intel spingere i clienti a "seguire la legge di Moore" continuando a fornire tecnologia?


"Per ogni tecnologia dobbiamo risolvere i problemi di base che la rendono "indigesta". Molto raramente i clienti si lamentano di aver acquistato computer più potenti: il software cresce e così le necessità di potenza di calcolo. I portatili, ad esempio, devono fare molte più cose contemporaneamente, ed essere anche ben protetti da virus e da attacchi esterni. Tutto ciò si tramuta in maggiore richiesta di potenza. Intel vuole arrivare a rendere più semplice l’impiego di nuove soluzioni nei sistemi integrando al più basso livello possibile, a livello di singolo chip, le tecnologie di calcolo e di comunicazione".

Come possiamo collocare, nella filosofia dell’ "always on" le reti 802.11 rispetto a quelle per telecomunicazioni, Gsm, Gprs e Umts? Sarà collaborazione o lotta?


"Non sarà un insieme, ma singoli operatori, a decidere se sarà collaborazione o lotta. Solo pochi mesi fa le aziende di telecomunicazioni cercavano di spingerci a non rendere "così disponibile" questa tecnologia wireless: "sarà un diretto concorrente dei nostri sistemi di telecomunicazione" dicevano. Ma le cose stanno cambiando soprattutto perché, in realtà, questa concorrenza non c’è. L’importanza di una tecnologia sta in come riesce a cambiare il modo di lavorare. Il wireless, indipendentemente da quale sia, ha permesso la vera mobilità: la possibilità di spostarsi continuando a lavorare. Da un lato avremo i Pda e gli smart phones, essenziali per lo sviluppo dell’Umts, con i quali vorremo sempre essere connessi mentre siamo in movimento, ma dall’altro avremo i laptop il cui nostro interesse sarà quello di poterli usare quando vogliamo, con il livello di concentrazione e disponibilità adatte. Il mio notebook non avrà bisogno di roaming, difficilmente lo utilizzerò mentre guido, mentre cammino. È facile prevedere, quindi, una vera complementarietà fra queste reti".

Ma qual è il ruolo di Intel in questo scenario?


"Vogliamo eliminare i conflitti, permettere la connettività migliore quando è disponibile. Vogliamo facilitare il passaggio fra i vari sistemi in modo trasparente. In pratica la nostra idea è quella di realizzare un device che permetta la completa connettività, indipendentemente dallo standard adottato, Gsm, Gprs, Umts o 802.11. Sarà il suo software di controllo, con l’aggiunta anche della parte gestita dall’operatore di telecomunicazioni, a decidere quali saranno le mie possibilità di connessione. Per gli operatori stiamo invece lavorando sui componenti di base per ridurre il costo delle apparecchiature necessarie a fornire servizi digitali".

Hp e Compaq, sono entrambi vostri clienti: qual è la sua opinione sulla loro fusione?


"Stiamo collaborando molto strettamente con loro alla migrazione delle architetture. Ma avevamo già lavorato con entrambi separatamente: con Hp sull’Hp-Ux e con Compaq per quanto riguarda Alpha. Le due aziende hanno già esperienza di acquisizioni e hanno persone esperte al loro interno. Credo che i clienti rimarranno stupiti del livello di coordinamento nell’operazione di fusione".

Non crede che qualcosa di simile potrebbe accadere anche nel vostro settore?


"No, non credo. Intel supporta gli standard, quelli che tutti possono usare, e poi accetta la sfida con gli altri produttori. Lo facciamo perché pensiamo di essere i migliori e più flessibili produttori di tecnologia complessa basata su silicio. I limiti della nostra produzione sono dettati solo dal mercato. Gli integratori di sistemi, come Hp e Compaq, devono gestire l’equilibrio fra sistemi e servizi, e questo li porta a dover unire le forze. Ciò non toglie che ci guardiamo in giro e stiamo con gli occhi bene aperti: recentemente abbiamo acquistato una tecnologia laser per le comunicazioni, la Tunable-laser technology, e abbiamo investito circa 9 miliardi di dollari in tre anni per migliorare la nostra soluzione nel settore delle comunicazioni. Inoltre le idee vanno cercate dove ci sono: solo due anni fa la nostra ricerca era tutta concentrata negli Stati Uniti, oggi abbiamo più di mille persone nei centri di ricerca in Europa. Con Intel Capital, l’iniziativa di investimento strategico nata all’inizio degli anni Novanta, abbiamo investito in più di 500 aziende, di cui 150 in Europa, con lo scopo di trovare e permettere lo sviluppo di "buone idee" che senza il nostro aiuto non arriverebbero sul mercato".

Intel si può, quindi, ancora permettere di comprare aziende…


"Non si tratta di fare shopping. Ci riteniamo, invece, degli ottimi investitori perché forniamo alle aziende gli strumenti finanziari per completare i loro progetti aiutandole nel marketing e nella valutazione delle tecnologie. Al termine, quando non hanno più bisogno di noi, rivendiamo l’investimento. Non abbiamo la stessa filosofia di aziende come Cisco che fa un vero shopping di aziende".

Nel futuro di Itanium c’è una soluzione per il desktop?


"La crescita delle prestazioni nei desktop non è legata alla disponibilità di un processore a 64 bit. Il successo di Itanium è legato solo per il 5% al fatto di essere 64 bit. Il vero vantaggio sta nel disporre di una reale architettura parallela. La scalabilità è altissima: si può, così, arrivare a una potenza di calcolo enorme, semplicemente aggiungendo processori. Abbiamo imparato che nei desktop la potenza è molto importante, ma a un costo che la rende accessibile a tutte le tasche".

E i sistemi operativi sono già pronti per questo?


"L’impegno è enorme, da parte di tutti: Microsoft, Hp, la comunità Linux, Ibm, solo per citarne alcuni. Gli ottimi risultati sono venuti soprattutto grazie a investimenti a livello di settore nelle architetture server Intel pari a 19 miliardi di dollari, secondo una nostra stima. A livello enterprise viene visto dagli sviluppatori come la piattaforma in grado di garantire la massima scalabilità".

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