
Ernst&Young ha affrontato con 175 manager il tema dell’innovazione tecnologica come motore dello sviluppo. Per scoprire, anche, che i Chief financial officer spesso tengono le redini dell’investimento. E poi l’outsourcing…
Secondo i pareri espressi da 175 Chief Financial Officer (Cfo), Chief Technology Officer (Cto) e altre figure senior del management di aziende nordamericane, europee ed asiatiche, molte aziende del settore Information Technology non disporrebbero dei processi adatti per gli investimenti in innovazione che sono alla base del loro successo.
È di quest’opinione l’80% dei manager sentiti da Ernst&Young, nella redazione della ricerca “Balance Point: Bringing Discipline to Investment in Innovation and Growth”.
L’innovazione, dunque, sarebbe il fattore competitivo più importante anche nel settore tecnologico secondo quanto hanno raccolto gli analisti della società di servizi professionali, che ha 100mila dipendenti in più di 140 paesi.
Ai fini di questa ricerca, l’investimento in innovazione è stato definito ai manager intervistati come l’impegno di risorse finanziarie per creare prodotti e servizi e quindi portarli sul mercato.
Lo studio rivela anche come il management delle società tecnologiche stia cercando l’equilibrio tra una serie di esigenze in competizione tra loro: performance finanziarie misurate sul breve termine a fronte di investimenti in innovazione che assicurano ritorni a lungo termine; creatività innovativa e disciplina finanziaria.
La ricerca di Ernst & Young sottolinea il ruolo dell’investimento in innovazione in un contesto di competitività globale: ricerca e sviluppo, fusioni e acquisizioni, joint venture e outsourcing.
Lo studio indica una relazione significativa tra l’intensità delle attività di ricerca e sviluppo e la redditività delle società tecnologiche. Il che non sarebbe proprio una novità, dato che il ruolo dei proponenti tecnologia, ovvero il loro core business, sarebbe proprio quello di mettere sul tavolo sempre innovazioni, facendole seguire da strumenti e metodi di ottimizzazione delle stesse e per la loro contestualizzazione in ambito d’impresa.
Uno scoglio all’innovazione libera è quello delle pressioni per l’ottenimento di risultati finanziari immediati. In altre parole, il focus sul breve periodo può avere ricadute negative sul posizionamento competitivo a lungo termine. Il 69% degli interpellati, infatti, ha affermato che la maggior pressione verso i risultati finanziari a breve sta avendo conseguenze sulle strategie di investimento.
E le fonti di innovazione esterne, come quelle derivanti da fusioni e acquisizioni, partnership e relazioni di outsourcing, stanno influenzando le strategie di innovazione e crescita. Il management delle aziende sentite è però preoccupato di perdere il controllo sulla tecnologia di base e affidarsi a fonti esterne.
Il 68% degli interpellati, infatti, prevede che alleanze e joint venture possano influire sulle strategie di innovazione e di crescita, mentre solo il 38% ha aumentato gli investimenti tecnologici in outsourcing rispetto a due anni fa.
Secondo lo studio di Ernst&Young i Cfo oggi sono sempre più coinvolti nel processo di valutazione e gestione degli investimenti a favore dell’innovazione, anche se con ruoli e responsabilità non adeguatamente definiti, che rischiano di ridurne l’efficacia e il valore all’interno del processo.
Il 74% degli intervistati ha affermato che il Cfo e il dipartimento finanziario della propria azienda hanno aumentato il loro coinvolgimento nei processi di gestione degli investimenti ai fini dell’innovazione, mentre solo il 57% giudica significativo il valore aggiunto al processo dalla funzione finanziaria, e solo il 53% ammette che il ruolo del Cfo sia definito con chiarezza.
L’innovazione di prodotti e servizi è stata quindi citata come propulsore del successo di business più frequentemente di qualunque altro fattore.
Il 60% dei manager ha sostenuto che la propria azienda dispone di un processo per valutare i rischi strategici, finanziari e operativi associati agli investimenti in innovazione, ma solo il 47% ritiene che la propria capacità di gestire con efficacia questi investimenti sia sopra la media.
E dulcis in fundo, solo il 31% delle aziende utilizza tool analitici per effettuare valutazioni e seguire gli investimenti in innovazione.