L’innovazione è migliore fuori della Ue. Italia sotto la media

Valutata sulla base di 25 indicatori la capacità d’innovare dei singoli Paesi. Situazione mista in Europa, dove eccellono Svezia e Svizzera, che però non è nell’Unione. Il nostro paese ha un indice al di sotto della media.

Per il vicepresidente della Commissione europea e commissario per l’Industria e l’imprenditoria, Antonio Tajani, “dobbiamo aumentare il nostro impegno per rendere l’Europa maggiormente innovativa, per raggiungere i nostri principali concorrenti e riprendere il cammino verso una crescita solida e sostenibile“.

Ha detto questo sulla base del Quarto Quadro valutativo dell’innovazione, pubblicato dalla Commissione europea, il primo da quando esiste l’iniziativa Unione dell’innovazione.

La sintesi: l’Ue è ancora in vantaggio rispetto a India e Russia, ma il Brasile continua ad avanzare e la Cina la sta velocemente raggiungendo.
Dentro l’Ue la Svezia ottiene i migliori risultati, poi vengono Danimarca, Finlandia e Germania. Seguono Regno Unito, Belgio, Austria, Irlanda, Lussemburgo, Francia, Cipro, Slovenia ed Estonia.

Come si è giunti ai risultati
Il quadro valutativo del 2010 si basa su 25 indicatori relativi a ricerca e innovazione e considera i 27 Stati membri dell’Ue, la Croazia, la Serbia, la Turchia, l’Islanda, l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia, la Norvegia e la Svizzera.

Gli indicatori sono raggruppati in tre categorie: Elementi abilitanti, che rendono possibile l’innovazione (risorse umane, finanziamenti e aiuti, sistemi di ricerca aperti, di eccellenza e attrattivi); Attività delle imprese: come sono innovative (investimenti, collaborazioni e attività imprenditoriali, patrimonio intellettuale); Risultati: benefici per l’intera economia (innovatori, effetti economici).

Un confronto tra gli indicatori di Ue-27, Usa e Giappone evidenzia che l’Unione non riesce a colmare il divario nelle prestazioni in materia d’innovazione.
Le differenze maggiori si riscontrano nella categoria Attività delle imprese, dove l’Ue-27 è in ritardo in termini di co-pubblicazioni pubblico/privato, spesa delle imprese per attività di R&S e, rispetto al Giappone, brevetti Pct (Trattato di cooperazione in materia di brevetti).

Sono dati che sottolineano che il deficit di innovazione dell’Europa deriva innanzitutto dal settore privato. Il divario è  ampio e in aumento per quanto riguarda le entrate dall’estero derivanti da licenze e brevetti. Si riduce leggermente lo scarto, ancora notevole, riguardante il numero di persone che portano a termine gli studi di istruzione terziaria.

L’Ue-27 ottiene invece risultati migliori rispetto agli Usa nell’ambito della spesa pubblica per R&S e delle esportazioni di servizi a elevato know how.

Proprio il know-how è la chiave dell’eccellenza svizzera: la Confederazione è leader in tema di brevetti internazionali registrati e di numero di occupati in settori ad alto contenuto di conoscenza. Sotto media, invece, nella collaborazione fra Pmi ed istituti di ricerca.

Negli ultimi cinque anni la maggiore crescita degli indicatori di innovazione dell’Ue-27 si è registrata nei sistemi di ricerca aperti, di eccellenza e attrattivi (co-pubblicazioni scientifiche internazionali, pubblicazioni ad alto impatto, dottorandi extraeuropei) e nel patrimonio intellettuale (deposito di marchi Ue, brevetti Pct e disegni e modelli dell’Ue).

Complessivamente l’Ue-27 rimane in posizione più avanzata rispetto a India e Russia, ma sta perdendo il proprio vantaggio sul Brasile e soprattutto sulla Cina.
Sono leader dell’innovazione Danimarca, Finlandia, Germania e Svezia, che presentano risultati molto al di sopra della media dell’Uu-27.
Tengono il passo medio Austria, Belgio, Cipro, Estonia, Francia, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Slovenia e Regno Unito.
L’Italia è fra gli innovatori moderati, insieme a Croazia, Repubblica ceca, Grecia, Ungheria, Italia, Malta, Polonia, Portogallo, Slovacchia e Spagna, ossia ha dato inferiori alla media dell’Ue-27.
In ritardo ci sono Bulgaria, Lettonia, Lituania e Romania.

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