Che distanza c’è tra un percorso di innovazione e la consapevolezza dei cittadini?
Nel giro di una settimana è capitato due volte, nel corso di eventi internazionali, di veder citata un’azienda italiana come best practice di un utilizzo innovativo della tecnologia, volto non semplicemente all’abilitazione di nuovi servizi, ma ben più profondamente al ripensamento dei processi interni e di business.
L’azienda è Poste Italiane e parlando con chi ha seguito e in parte continua a seguire alcuni dei progetti presentati, si capisce come si tratti di iniziative ormai uscite dalle fasi pilota e sperimentali ed arrivate vicine alla soglia del completamento.
Del Postino Telematico, in effetti, si parla da almeno quattro anni, tanto che l’amministratore delegato di Poste Italiane, Paolo Sarmi, ne aveva fatto un suo cavallo di battaglia.
Ma oggi che 25.000 dei 38.000 portalettere italiani sono stati di dotati di palmare, Pos e stampante portatili, quanti davvero sanno di poter chiedere direttamente al postino di pagare le bollette o una ricarica telefonica, quanti sanno di potergli affidare il pick up della loro corrispondenza?
In questo caso, è il rammarico, la cesura è evidente tra ciò che è stato abilitato e ciò che il cittadino davvero sa di poter utilizzare.
Non è un problema da poco.
Perché la consapevolezza di poter fare qualcosa è il primo passo perché quel qualcosa davvero si faccia.
Cittadinanza digitale inclusa.





