Le Voci dell’AI – Episodio 80: Quantum Computing per l’Intelligenza Artificiale

Ciao a tutti, sono Vincenzo Lomonaco, ricercatore e docente all’Università di Pisa.

Nella puntata di oggi parliamo di un argomento di assoluto interesse e centralità in questi giorni: parliamo di quantum computing e dei possibili impatti nel contesto dell’intelligenza artificiale.

Qual è lo stato dell’arte in questa direzione? Cosa aspettarci per il futuro prossimo? Scopriamolo insieme in questa puntata di Le Voci dell’AI.

Il quantum computing, o calcolo quantistico, rappresenta una rivoluzione nel modo in cui affrontiamo problemi computazionali.

Basato sui principi della meccanica quantistica, utilizza qubit invece che i classici bit che possono esistere simultaneamente in stati multipli 0 e 1, permettendo di eseguire calcoli complessi a velocità inimmaginabili per i computer tradizionali.

Tuttavia, sfide come la correzione degli errori e la scalabilità nel numero dei qubit utilizzati e la loro stabilizzazione hanno limitato la sua adozione pratica, relegando il settore a un progresso piuttosto moderato, anche se costante, direi, negli ultimi anni.

Recentemente Google ha riportato l’attenzione sul calcolo quantistico con l’annuncio di Willow, il suo chip quantistico più avanzato. Willow ha raggiunto una pietra miliare molto importante, eseguendo un calcolo complesso in pochi minuti per un compito che richiederebbe miliardi di anni ai supercomputer tradizionali.

Questa innovazione affronta una sfida decennale, ossia l’aumento del numero di qubit, riducendo allo stesso tempo i tassi d’errore.

Willow è infatti il primo sistema a raggiungere calcoli sotto una certa soglia chiave d’errore, dimostrando un’efficace correzione degli errori in tempo reale.

Google sostiene che questo rappresenti un passo significativo verso l’utilizzo del quantum computing in applicazioni pratiche come la scoperta di farmaci e la progettazione di batterie avanzate, aree che superano la capacità dei computer classici.

L’annuncio di Willow ha significativamente riacceso l’entusiasmo in una disciplina considerata stagnante, suggerendo che i computer quantistici potrebbero presto affrontare problemi di rilevanza reale.

In un articolo pubblicato su Nature, Quantum error correction below the surface code threshold, Google ha riportato che l’aumento del numero di qubit utilizzati nel sistema Willow ha portato a una riduzione degli errori e a un incremento dell’efficacia quantistica del sistema.

I test hanno coinvolto matrici di qubit fisici sempre più grandi, passando da una griglia tre per tre di qubit codificati a una di cinque per cinque, poi una sette per sette.

A ogni passo, grazie agli ultimi progressi nella correzione degli errori quantistici, è stato possibile dimezzare il tasso globale d’errore.

In pratica, il team ha ottenuto una riduzione esponenziale del tasso di errore, dimostrando la potenziale scalabilità del sistema. Qualcosa di molto importante per ogni sistema quantistico che si rispetti.

Come misura delle prestazioni di Willow, il team di Google ha utilizzato il benchmark Random Circuit Sampling RCS, introdotto dallo stesso gruppo e ora ampiamente riconosciuto dalla comunità come standard di settore.

RCS consiste nel verificare la capacità di un computer quantistico di eseguire calcoli basati su circuiti quantistici casuali, un compito estremamente difficile per le architetture computazionali classiche e i computer classici.

Questo test rappresenta una sorta di prova del nove per i computer quantistici, poiché serve a dimostrare che il sistema può eseguire calcoli e raggiungere risultati impraticabili per i computer tradizionali.

Secondo Google, qualsiasi team che costruisca un computer quantistico dovrebbe innanzitutto verificare se si può superare i classici supercomputer su questo benchmark, poiché altrimenti sarebbero giustificati dubbi sulla capacità del sistema di affrontare compiti quantistici più complessi in futuro.

L’azienda ha costantemente utilizzato difatti la richiesta per valutare i progressi da una generazione del suo chip all’altra, riportando i risultati di Singapore nel 2019 e nuovamente nel 2024, dimostrando così miglioramenti significativi nelle capacità computazionali dei loro sistemi.

In questa immagine vediamo come il problema del Random Circuit Sampling, utilizzato come benchmark per il calcolo quantistico, si relazioni ad altri tipi di problemi.

Sull’asse delle ordinate abbiamo illustrata la complessità computazionale di ogni problema, mentre sulle ascisse la rilevanza commerciale dello stesso, cioè il reale impatto che la sua risoluzione potrebbe avere.

L’RCS, che vedete in alto a sinistra, è indicato come il compito più difficile che un computer quantistico può eseguire oggi ed è situato nella fascia dei problemi “classicamente intrattabili”, cioè problemi che richiederebbero anni, centinaia, migliaia di anni per un computer classico per essere risolti.

Allo stesso tempo notiamo che la sua risoluzione non è particolarmente rilevante a fini pratici.

Quello che ci piacerebbe è spostarci verso il quadrante in alto a destra, dove risiedono compiti computazionali intrattabili oggi, con i computer che abbiamo, o molto costosi, che però hanno ricadute applicative commerciali molto importanti come la chimica computazionale o il Quantum Machine Learning. Il Quantum Machine Learning è particolarmente interessante perché riguarda l’applicazione del calcolo quantistico nel contesto dell’AI.

Il Quantum Machine Learning, infatti, mira a sfruttare le proprietà uniche dei qubits come la sovrapposizione e l’entanglement, due principi quantistici, per accelerare gli algoritmi di apprendimento automatico che sappiamo essere molto dispendiosi.

Questo potrebbe ridurre drasticamente i tempi di addestramento per le reti neurali più complesse, ottimizzare i processi legati all’elaborazione di dati, di grandi quantità di dati.

Guardando al futuro, il calcolo quantistico potrebbe rivoluzionare anche il mondo dell’intelligenza artificiale, superando i limiti computazionali odierni e permettendo nuove applicazioni di robotica, elaborazione del linguaggio naturale e sistemi di raccomandazione, per esempio.

Tuttavia, come suggerisce anche il diagramma, il passaggio da un benchmark come l’RCS e applicazioni pratiche richiederà progressi significativi nella correzione degli errori e nella scalabilità hardware e nello sviluppo di algoritmi quantistici specifici per l’intelligenza artificiale.

La strada è promettente, ma le sfide tecniche rimangono immense.

In questa immagine, invece, vediamo la roadmap che Google si è posta per la costruzione di un quantum computer più completo.

La prima pietra miliare è stata raggiunta nel 2019 con la prova di concetto che è possibile sfruttare la computazione quantistica per risolvere meglio determinati problemi rispetto a un calcolatore classico, per esempio il benchmark RCS; la seconda pietra miliare raggiunta in questi ultimi giorni riguarda la possibilità di ridurre significativamente gli errori a fronte di una crescita del numero di qubit, suggerendo che scalare il numero gli stessi effettivamente è possibile.

I prossimi step riguarderanno la creazione di circuiti logici basati sui qubit e migliorarne ancora la scalabilità e l’ingegnerizzazione.

È bene sottolineare che gli studi più rigorosi suggeriscono che per scalare il numero di qubit a un numero ragionevole per un calcolatore, quindi svariati milioni, bisognerà aspettare, nelle predizioni più rosee, almeno il 2035.

Per concludere, in questa puntata abbiamo discusso di quantum computing e di come progressi in questo ambito siano tutt’altro che stagnanti.

Certo, a oggi non possiamo dire di poter utilizzare questo nuovo paradigma di calcolo per risolvere problemi che giudicheremo interessanti dal punto di vista commerciale.

Ma le evidenze puntano effettivamente a un miglioramento costante della tecnologia che potrebbe letteralmente rivoluzionare il mondo dell’informatica, dando potenzialmente all’intelligenza artificiale una marcia in più in termini di quello che è effettivamente calcolabile, superando quindi di gran lunga le capacità computazionali del cervello umano.

Ciao! Alla prossima puntata di Le Voci dell’AI!

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