La rivalutazione degli immobili, scorciatoia per l’accesso al credito

Come migliorare la propria pagella finanziaria

La manovra anti-crisi permette alle imprese di agire sulla valutazione contabile del patrimonio. Una mossa in grado di migliorare la pagella finanziaria con cui presentarsi alle banche


L’art. 15 del Dl 185/08 (decreto anti-crisi) offre alle imprese italiane un’ultima chance per migliorare con poco sacrificio il proprio rating ai sensi di Basilea 2. Mai misura può fregiarsi di essere stata più opportuna e temporalmente azzeccata.


In un momento di forte crisi economica, di scarsità di ordinativi, di massiccio utilizzo degli ammortizzatori sociali, la possibilità di adeguare il proprio bilancio contabilmente vetusto alla realtà, di aggiornarlo, appare quanto mai intelligente e tempestiva. La stretta creditizia in atto sta letteralmente stritolando un ragguardevole numero di piccole e medie imprese italiane a basso rating, mettendo in discussione la loro stessa capacità di sopravvivere. Molte volte però, la bassa valutazione finanziaria non rappresenta il reale valore di queste entità. La causa che sta alla base della discrasia tra il reale potenziale delle imprese e il loro rating è legata a doppio filo con il loro bilancio, in molti casi poco fedele, sicuramente disallineato con la realtà.


Le motivazioni di tale disallineamento sono molteplici e si riallacciano allo scollamento tra i valori contabili delle poste di bilancio e il loro reale prezzo di mercato.


Basti pensare a immobili acquistati con leasing immobiliari della durata di otto anni (fino a pochi anni fa la durata di legge!) e iscritti tra le immobilizzazioni a fine contratto a prezzo di riscatto, cioè per un pugno di euro. Ma si potrebbero analogamente sviluppare ragionamenti su fabbricati iscritti a suo tempo a costo storico (come previsto dal codice civile) e completamente ammortizzati e quindi contabilmente privi di qualsiasi valore, ma di fatto ancora assolutamente sinergici all’attività aziendale e in possesso di una valutazione di mercato significativa e importante. Per non parlare poi dei macchinari, anch’essi magari acquistati in leasing e quindi iscritti a prezzo di riscatto tra le immobilizzazioni, o ammortizzati anticipatamente, ma di fatto ugualmente fungibili all’attività d’impresa e in grado di esprimere valutazioni ben superiori al loro valore contabile.


Una manovra che con poco o nessun sacrificio permetta di riallineare i valori di alcune categorie di immobilizzazioni iscritte nell’attivo di stato patrimoniale (nella fattispecie gli immobili) creando delle riserve patrimoniali che innalzino il livello del patrimonio netto, migliorando in maniera inequivocabile il rating aziendale e


fotografando l’azienda in maniera più fedele e legittima è un’occasione da prendere al volo e da non snobbare. A maggior ragione se consideriamo la vicinanza con le chiusure di bilancio.


L’incidenza sui modelli di rating di indicatori quali il leverage (rapporto tra debiti finanziari e patrimonio netto) o l’indice di patrimonializzazione (rapporto tra patrimonio netto e totale passività) è nota a tutti. Incidere in maniera importante sul patrimonio netto significa migliorare tali indicatori, facendo crescere anche di diversi gradi il rating aziendale.


Di che cosa si tratta
Si tratta di una sorta di rivalutazione monetaria, che permette di adeguare alcune poste di bilancio (immobili strumentali) al reale valore di mercato. L’adeguamento dei valori contabili delle varie poste crea delle riserve patrimoniali, che incrementano il patrimonio netto aziendale, migliorando di fatto il bilancio d’esercizio e, di riflesso, il rating aziendale. L’operazione va eseguita sul bilancio 2008.


Lo scopo è quello di rendere più trasparente e veritiero il bilancio delle imprese, migliorare il rating aziendale, rendendolo più veritiero.


Caratteristiche
All’art. 15, comma 16, la misura identifica i soggetti potenzialmente in grado di sfruttare lo strumento:


società di capitali, società in nome collettivo, società in accomandita semplice. La misura è limitata alle imprese che non adottano i principi contabili internazionali (Ias).


La rivalutazione riguarda il bilancio 2008 per i soggetti che chiudono l’esercizio al 31 dicembre.


Riguarda invece la chiusura 2009 per chi redige il bilancio in mesi diversi da dicembre (la norma cita: “il bilancio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007, per il quale il termine di approvazione scade successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto”). La rivalutazione deve riguardare tutti i beni appartenenti alla stessa categoria omogenea e deve essere annotata nell’inventario e nella nota integrativa.


Il saldo attivo risultante dalla rivalutazione deve essere accantonato in una speciale riserva (in sospensione d’imposta) che faccia specifico riferimento alla presente legge, oppure imputato a capitale.


La riserva si può affrancare applicando in capo alla società un’imposta sostitutiva (di Irpef, Ires e Irap e di eventuali addizionali) del 10%.


Il maggior valore attribuito ai beni grazie alla rivalutazione può essere riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap a decorrere dal terzo esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita, ma solo con il versamento di un’imposta sostitutiva (di Irpef, Ires e Irap e addizionali) pari al 10% per gli immobili ammortizzabili e al 7% per gli immobili non ammortizzabili, da computare in diminuzione del saldo attivo della rivalutazione.


L’impresa, quindi, può decidere se limitare gli effetti della rivalutazione al mero miglioramento dei propri asset di bilancio. In tal caso la manovra è totalmente gratuita e la riserva di rivalutazione non produrrà effetti fiscali fino a che non dovesse essere distribuita ai soci. Ma l’imprenditore può andare oltre, liberando fiscalmente la riserva, tramite il pagamento di un’imposta sostitutiva del 10%, del valore della rivalutazione. Addirittura è consentito che i beni rivalutati generino nuovi “ammortamenti”, seppure non immediatamente, ma dopo tre esercizi, mediante il pagamento di un’ulteriore imposta sostitutiva.


All’impresa, dunque, è delegato un ampio potere decisionale e un ampio ventaglio di possibilità. A sacrifici maggiori, si accompagnano benefici maggiori.


Nel caso di cessione a titolo oneroso, di assegnazione ai soci, in generale di destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa dei beni oggetto di rivalutazione nei tre esercizi successivi, la determinazione delle eventuali plusvalenze è però calcolata con riferimento al costo del bene ante rivalutazione.


Per chi optasse per il pagamento delle imposte sostitutive, esse devono essere versate alternativamente:


– in un’unica soluzione entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita;


– in tre rate di cui la prima con la medesima scadenza di cui sopra e le altre con scadenza nei due esercizi successivi.


Nel caso di pagamento rateale saranno dovuti anche interessi legali al 3% da pagarsi contestualmente alla rata.


A cosa serve. Serve per rendere i propri bilanci più veritieri, in modo che esprimano le reali valutazioni di mercato riguardo agli immobili aziendali. Serve per aumentare il patrimonio netto aziendale e migliorare conseguentemente leverage e grado di capitalizzazione.


Serve per migliorare il proprio rating, anche in maniera consistente.


A cosa non serve. Non è possibile utilizzare lo strumento per rivalutare beni diversi dagli immobili (ad esempio macchinari, impianti, attrezzature).



Rivalutazione, attenzione a…


Cessione di beni oggetto di rivalutazione: I benefici della norma vengono azzerati


nel caso in cui beni immobili oggetto di rivalutazione vengano ceduti a vario titolo nei


tre esercizi successivi. In tal caso la plusvalenza tassabile fa riferimento al valore


ante rivalutazione del bene.


Affrancamento del saldo attivo di rivalutazione: la riserva di rivalutazione è affrancata


soltanto previo pagamento di un’imposta sostitutiva del 10%.


Nuovi “ammortamenti” sui beni rivalutati: utilizzabili soltanto dopo tre anni dalla


rivalutazione e previo pagamento di un’ulteriore imposta sostitutiva.



Patrimonializzazione e sistemi di rating
Un aspetto cruciale su cui si focalizza l’attenzione dei sistemi di rating nel valutare la bontà finanziaria di un’impresa è rappresentato dall’equilibrio finanziario. Il documento principe da cui estrapolarlo è da sempre lo stato patrimoniale.


Possiamo dividere uno stato patrimoniale in cinque macrocategorie, di cui due costituiscono le attività e tre le passività.


Tra le prime due le immobilizzazioni e l’attivo circolante, tra le seconde il patrimonio netto, i debiti a medio lungo termine e i debiti di breve termine (i cosiddetti debiti di funzionamento).


Ai nostri fini, la prima e più importante variabile che va presa in considerazione è il rapporto tra patrimonio netto e totale di stato patrimoniale riclassificato. Esso dovrebbe raggiungere almeno il 25%, vale a dire che per ogni 100 euro investiti in azienda, almeno 25 dovrebbero essere usciti dalle tasche dell’imprenditore. Più il rapporto scende al di sotto della soglia, più l’azienda è sottocapitalizzata, minori saranno rating e appetibilità bancaria.


Un altro ottimo indicatore per misurare l’equilibrio finanziario è il cosiddetto leverage o indice di indebitamento. Ci sono diversi modi per calcolarlo. Alcuni, a numeratore del rapporto, inseriscono tutte le passività, indistintamente.


Altri soltanto i debiti verso il sistema bancario, siano essi di breve o di medio termine. Altri ancora soltanto i debiti verso le banche a medio termine. In ogni caso a denominatore compare sempre lo stesso elemento: il patrimonio netto. Più l’indice si innalza e più l’azienda è sottocapitalizzata.


Nella tavola che segue sono presentati nel dettaglio i due indicatori.


Migliorare, grazie ad una manovra di rivalutazione degli immobili, il patrimonio netto della società significa agire positivamente sui due indicatori, elevando il numeratore del primo e il denominatore del secondo, agendo in maniera importante sul sistema di rating. Esso immediatamente recepisce una più adeguata capitalizzazione con conseguente miglioramento della “pagella finanziaria” dell’azienda. Un patrimonio netto che dal 10% raggiunga il 25%, o un leverage che da 9 passi a 4 spinge il rating a crescere di diversi gradi, indicativamente da B o BB ad A. Passare da un rating appena sufficiente a un rating ampiamente investment grade (aziende ben accette dalle banche) significa abbassare il costo del denaro, a parità di prodotto, di 2/3 punti percentuali.


Raddoppiare il patrimonio netto non è così anacronistico avendo beni immobili in bilancio. È molto probabile, infatti, che essi siano iscritti tra le immobilizzazioni per meno della metà del loro valore reale. Conseguentemente il risultato di incrementare di due o tre gradi il proprio rating è una missione tutt’altro che impossibile.



Capitalizzazione e indice di indebitamento
Patrimonio netto/Tot. passivo stato patrimoniale riclassificato < 25%


Debiti verso banche a breve e medio termine/Patrimonio netto < 4%



(per maggiori approfondimenti vedi Finanziamenti&Credito, Novecento media)

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