Conoscere le esigenze del mercato per poter indirizzare meglio la propria offerta di servizi It è il concetto alla base di una serie di indagini che Ca ha commissionato di recente a Vanson Bourne, relative a tre paesi europei (Regno Unito, Germa …
Conoscere le esigenze del mercato per poter indirizzare meglio la propria offerta
di servizi It è il concetto alla base di una serie di indagini che Ca
ha commissionato di recente a Vanson Bourne, relative a tre paesi europei (Regno
Unito, Germania e Francia) e, in Italia, a Ediformat. Il primo studio è
stato realizzato su 300 responsabili It appartenenti ad aziende con oltre 1.000
dipendenti, mentre nel nostro paese il sondaggio è stato più qualitativo
e si è limitato a 19 interviste personali a Cio (Chief information officer)
la cui struttura It va da 20 a 70 addetti, appartenenti ad aziende medio-grandi
(tra le 1.000 e le 2.500 unità) in vari settori di mercato.
L’obiettivo di fondo era quello di sondare come è percepito dai
Cio il rapporto tra It e business e qual è il livello di chiarezza e
collaborazione che intercorre tra i responsabili delle diverse aree aziendali.
Dalle prime risposte del panel italiano (peraltro abbastanza in linea con i
colleghi europei) emerge che i Cio si sentono in una specie di limbo, in quanto
pur non essendo più considerati solo come figure dedite alla tecnologia,
di fatto in pochi casi partecipano alle strategie aziendali e questo succede,
di solito, quando il Ceo è giovane e ha una vision più strategica
dell’It. Nella maggior parte dei casi, dunque, gli intervistati hanno
presentato una serie di lamentele: dal business spesso arrivano richieste mal
strutturate e troppo generiche, di solito legate a esigenze contingenti, dovute
anche al fatto che il top management conosce poco le attività dell’It.
Inoltre, capita che le pianificazioni in atto spesso vengano disattese perché
l’azienda cambia i programmi in corso d’opera, senza che l’It
venga informata.
Sul tema tante volte dibattuto «se l’It genera valore», i
Cio sono chiaramente convinti di ciò, ma poi approfondendo la questione,
si scopre che la valutazione è più che altro tattico-operativa,
in quanto se si ferma l’It si ferma l’azienda, per cui la sua importanza
è più percepita nei casi di inefficienza che di efficienza.
Attualmente, poi, mancano sistemi che all’interno dell’impresa consentano
di misurare il valore della funzione It che, anzi, in molti casi viene ancora
percepita come un centro di costo. Tuttavia, qualche cosa sta muovendo, dal
momento che iniziano a utilizzare i Key performance indicator per misurare l’efficienza
dei servizi It e, in prospettiva, gli Sla (Service level agreement).
C’è, comunque, la consapevolezza che la tecnologia debba essere
allineata al business, per cui sono allo studio delle iniziative legate alle
Soa (Service oriented architecture) e allo sviluppo di best practice Itil.
Tra le aree di miglioramento sulle quale investire, citate dal panel degli
intervistati italiani, al primo posto c’è la business continuity,
quindi la qualità del servizio erogato e anche il time to market con
cui l’It risponde alle richieste interne. Riguardo, invece, ai motivi
che spesso limitano questi propositi, troviamo i frequenti cambiamenti di richieste
che arrivano dal business e i tempi di esecuzione troppo stretti, perché
alla base non c’è chiarezza sulle esigenze delle parti in causa.
Inoltre, molte volte l’It non ha le risorse adeguate per rispondere con
efficienza.
Ed è proprio il raggiungimento di una maggior efficienza operativa uno
degli impegni più sentiti dai Cio in un’ottica di miglioramento
della propria funzione, per ottenere anche un maggior riconoscimento da parte
del top management e contribuire alla riduzione dei costi aziendali. In quest’ottica
rientra anche un crescente commitment verso l’utente finale (sia consumatore
che cittadino), la cui soddisfazione rientra nelle priorità sia dei Ceo
che dei Cio.
Dati questi spunti di riflessione, Fabio Raho, consulting manager di Ca, ha
osservato che per ogni problema sollevato dai Cio, si può rispondere
in modo adeguato, iniziando con il trasformare la tecnologia in servizi It e
allineando questi ultimi ai processi di business. Che cosa si può, dunque,
fare in concreto? Un punto di partenza è quello di iniziare adottando
modelli e best practice, implementare tecnologie a supporto dell’automazione
di processi interdivisionali e utilizzare strumenti di pianificazione e controllo
che permettano una maggior visione delle attività esterne rispetto all’operatività
quotidiana. E per arrivare a questo risultato bisogna agire sull’It governance,
sul service management e sulla gestione dei processi integrati, temi tutti che
sono il focus di Ca.





