La poligamia economica di Cindia contagia l’Europa

Al convegno annuale di Osservatorio Asia a Milano è emersa la strategia dei colossi orientali come Mahindra: più tecnologia e servizi per conquistare l’occidente

«La poligamia è illegale, ma porta molti vantaggi nel campo dell’economia»: non ha usato mezzi termini Hemant Luthra, presidente di Mahindra Systech, nella sua relazione al recente convegno annuale di Osservatorio Asia, organizzato a Milano da Promos. La strategia dell’harem, come lui stesso l’ha definita, si fonda su acquisizioni e alleanze sempre più strette tra Est e Ovest, Europa e Asia, due realtà geografiche spesso distanti per tradizioni e costumi ma ormai coinvolte nei matrimoni d’interesse in nome degli affari. Una strategia che procede oltre il commercio, segnando il passo della seconda fase della globalizzazione: quella di servizi e tecnologie, che seguono non solo la logica low cost, ma cercano anche una maggior qualità per competere nei paesi più avanzati.

È per questo motivo che Mahindra, colosso indiano dell’automobile, ha creato nel 2004 la divisione Systech, specializzata nello sviluppo della componentistica. L’obiettivo è chiaro: offrire un servizio completo ai produttori mondiali di macchine, che va dall’ideazione alla vendita, passando dal design e dalla realizzazione di prototipi. Un bel salto in avanti, rispetto alla semplice manifattura su commissione. L’assistenza ai clienti segue passo dopo passo ogni aspetto del prodotto, come ha spiegato Luthra. L’harem di Mahindra si è arricchito durante gli anni di varie aziende europee, come la britannica Stokes Forgings e la tedesca Jeco Holding. Questo conglomerato riassume, quindi, il principale punto di forza dell’industria indiana: unire i vantaggi in termini di costo alla crescente professionalità del settore ricerca e sviluppo.

Anche la Cina sta provando a superare il tradizionale binomio di prezzi bassi e scarsa qualità. I numeri segnalano che le esportazioni italiane in Cina sono cresciute del 19% nell’ultimo anno, collocandoci al 23esimo posto su scala internazionale, ha ricordato Claudia Bugno, dirigente dell’area marketing territoriale di Promos. Un giro d’affari che supera i dieci miliardi di dollari, con duemila aziende italiane già presenti sul territorio cinese, ma rimane il nocciolo di come allargare gli orizzonti commerciali. Alcuni esempi arrivano da entrambi i paesi. Mapei, leader mondiale nella produzione di adesivi e prodotti chimici, ha puntato molte carte sull’espansione in Asia, con vari stabilimenti in Cina, Vietnam e Malesia.

Il presidente della società italiana, Giorgio Squinzi, ha ricordato durante il convegno milanese le tappe fondamentali della via verso Est: dalla nascita di Mapei China Ltd nel 2004 a Hong Kong, fino alla creazione di due società a Shanghai e Guangzhou tra 2005 e 2006, le forniture per la costruzione degli stadi di Pechino 2008 e l’apertura di almeno tre nuovi stabilimenti nei prossimi tre anni. La filosofia dell’harem si è rivelata necessaria anche per arginare la contraffazione: l’azienda ha già dovuto acquisire un fabbricante cinese, come ha ricordato Squinzi in un aneddoto, che vendeva i suoi prodotti apponendo il marchio Mapei.

Zhan Chunxin, presidente di Zoomlion, fabbricante cinese di macchinari per l’edilizia, ha indicato nell’innovazione e nelle partnership internazionali i capisaldi per aumentare la competitività delle aziende. Proprio ciò che ha fatto Zoomlion comprando l’italiana Cifa nei mesi scorsi, con un’operazione da 500 milioni di euro per diventare il leader mondiale del settore. È stata la maggior acquisizione cinese in Italia e la seconda in Europa. Un segno di maturità per l’industria del dragone, ormai in grado di uscire dal mercato interno per investire ingenti somme di denaro in altri continenti. L’epoca del commercio tradizionale è davvero al tramonto: c’è quella dei matrimoni misti – se non della poligamia – in abiti orientali.

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