La nuvola che non t’aspetti

Nelle ultime due settimane sulla stampa sembra meno forte l’interesse per il cloud computing. In realtà di cloud si parla sempre, ma talvolta dietro le prime linee.

Un tipico esempio potrebbe essere il no-win di Google.
E che c’entra con il cloud, direte voi? Forse c’entra. Ufficialmente l’ipotetico grande rifiuto è per motivi di sicurezza, mentre c’è chi fa notare semplicemente che, avendo un suo approccio a ciò che era un sistema operativo, Google is simply going Google (devo questa informazione ad un post di Sam Diaz. Ora, pur con un altro nome, il cloud svolge (anche) le funzioni del sistema operativo, quindi perché non usare il proprio cloud operating system, anziché aspettare l’avvento di Azure? A pensare che si possa trattare di nembi cumuliformi non sono il solo.
Quale che sia la realtà, si tratta di questioni di strategia così a lungo termine da rasentare la dietrologia, per cui forse è meglio soprassedere.

Nuvole stratos-feriche
Tornando all’oggi, il 2 giugno c’è stato un annuncio di un qualche interesse. Ws02 ha lanciato Stratos, una piattaforma per lo sviluppo di applicazioni e servizi di tipo Paas (platform as a service), con qualche funzionalità in più.
Usando Stratos le applicazioni sviluppate con Carbon possono essere on-premise, su una cloud privata o su una cloud vera e propria, lasciando immaginare una flessibilità piuttosto avanzata. Carbon è il framework per lo sviluppo di middleware a livello enterprise.
Stratos è un prodotto open source caratterizzato da cinque punti chiave: elasticità, multi-tenancy (stesso middleware, progetti software diversi), misurazione delle risorse, self provisioning, dynamic discovery e incremental testing, quest’ultimo per evitare che la semplicità del deploy faccia sottovalutare le difficoltà di sviluppo.
La gestione dell’infrastruttura è sempre più affidata a maschere on-line gestite da software particolare, tutta roba che dalla classica architettura opsys-browser riceve un danno. Non mi piace l’idea del pad come dispositivo per tutte le necessità, mentre mi sembra ideale per sostituire un pannello di controllo. Tra il serio e il faceto si può scherzare sui nomi, con Loraine Lawson che rischia di prendere il Ws02 per uno standard, oppure osservando che Ws02 si scrive con il 2 a pedice, a ricordare la molecola biatomica dell’ossigeno, che Carbon potrebbe essere l’abbreviazione di diossido di carbonio (l’anidride carbonica), Stratos quella di stratosfera, un luogo dove alle nostre latitudini, se non ricordo male, le nuvole non si formano, mentre il Sole nutre la magia tra ossigeno ed ozono.

Il respiro di Webscience
Tornando con i piedi per terra, in realtà Ws02 non ha fatto un solo annuncio, bensì due. Nel secondo, Ws02 lancia un’iniziativa rivolta a system integrator e operatori Iaas (infrastructure as a service), per applicazioni e servizi inerentemente ottimizzati per il cloud computing. I suoi partner iniziali sono Amazon, Canonical e Vmware; i primi due system integrator, invece, sono Cognizant e WebScience. Se non conoscete la prima poco male, visto che è indiana; la seconda, invece, dovreste averla nelle orecchie, perché è italiana, nata nasce nel 2000 come spin-off del Centro di Ricerca EBLab di Politecnico Innovazione. Spesso penso che nulla come il private cloud rappresenti meglio la capacità mimetica del marketing Ict, un ossimoro che promette molto ma in sostanza non dice nulla.
A parte qualche nuvola passeggera, tutto è bene quel che finisce bene, compreso questo articolo.

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