Job sharing: come funziona

La disciplina che regola il lavoro ripartito o “a coppia”

Presente in via sperimentale già da qualche anno in alcune regolamentazioni contrattuali collettive del settore terziario, il lavoro ripartito (o job sharing, o lavoro “a coppia”) è stato disciplinato per legge con il D.Lgs. n. 276/2003.
Si tratta di uno speciale contratto di lavoro mediante il quale due lavoratori assumono in solido l’adempimento di un’unica e identica obbligazione lavorativa (art. 41, D.Lgs. n. 276/2003).
Fermo restando il vincolo di solidarietà e salve diverse intese tra le parti, ogni lavoratore resta personalmente e direttamente responsabile dell’adempimento della intera obbligazione lavorativa nei confronti del datore di lavoro.

Forma e contenuto del contratto
Il contratto di lavoro ripartito deve essere stipulato in forma scritta. La forma è richiesta ai soli fini della prova dei seguenti elementi (art. 42, D.Lgs. n. 276/2003):
a) misura percentuale e collocazione temporale del lavoro giornaliero, settimanale, mensile o annuale che si prevede venga svolto da ciascuno dei lavoratori coobbligati;
b) luogo di lavoro, trattamento economico e normativo spettante a ciascun lavoratore;
c) eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto.

Disciplina del rapporto
La regolamentazione del lavoro ripartito è demandata alla contrattazione collettiva nel rispetto delle previsioni legali (art. 43, D.Lgs. n. 276/2003).
In assenza di determinazioni dei contratti collettivi trova applicazione la normativa generale del lavoro subordinato in quanto compatibile con la particolare natura del rapporto di lavoro ripartito.
I lavoratori sono tenuti a informare preventivamente il datore di lavoro, con cadenza almeno settimanale, in merito all’orario di lavoro svolto da ciascuno (art. 42, c. 2, D.Lgs. n. 276/2003).
Tale comunicazione ha la finalità di certificare le assenze.

Vincolo di solidarietà
Salvo diverse intese tra le parti contraenti o previsioni dei contratti o accordi collettivi, i lavoratori hanno la facoltà di determinare discrezionalmente e in qualsiasi momento sostituzioni tra di loro, e di modificare consensualmente la collocazione temporale dell’orario di lavoro.
In tal caso il rischio dell’impossibilità della prestazione per fatti attinenti a uno dei coobbligati è posta in capo all’altro obbligato (art. 41, c. 3, D.Lgs. n. 276/2003).
Eventuali sostituzioni da parte di terzi estranei al rapporto, nei casi di impossibilità di uno o entrambi i lavoratori coobbligati, sono ammesse solo con il consenso del datore di lavoro.
Salvo diversa intesa tra le parti, le dimissioni o il licenziamento di uno dei lavoratori coobbligati comportano l’estinzione dell’intero vincolo contrattuale.
Tuttavia se, su richiesta del datore di lavoro, l’altro prestatore di lavoro si rende disponibile ad adempiere l’obbligazione lavorativa, integralmente o parzialmente, il contratto di lavoro ripartito si trasforma in un normale contratto di lavoro subordinato.
L’impedimento di entrambi i lavoratori coobbligati è disciplinato ai sensi dell’art. 1256 cod. civ. (impossibilità definitiva e temporanea della prestazione).

Trattamento economico-normativo
Il lavoratori “a coppia” non devono ricevere un trattamento economico e normativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore ordinario di pari livello, a parità di mansioni (art. 44, c. 1, D.Lgs. n. 276/2003).
Il trattamento è riproporzionato in ragione della prestazione eseguita, in particolare per quanto riguarda l’entità della retribuzione globale, del compenso per ferie, dei trattamenti per malattia e infortunio sul lavoro, per congedi parentali.
Ciascuno dei lavoratori
coobbligati ha diritto di partecipare alle assemblee sindacali di cui all’art.
20, L. n. 300/1970, entro il limite complessivo di dieci ore annue, il cui
trattamento economico deve essere ripartito fra i coobbligati proporzionalmente
alla prestazione lavorativa effettivamente eseguita.

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