Ipv6 e privacy: l’Europa che guarda avanti

Due Commissarie indicano la strada da percorrere senza se e senza ma.

In giorni in cui l’Europa e il mondo pongono più punti di domanda su se stessi di quanti l’umana coscienza riesca a reggerne, due donne, due Commissarie europee hanno detto e messo per iscritto che ci sono cose da fare, concretamente, senza fermarsi a guardare indietro.
In questo Neelie Kroes, e Viviane Reding, meritano un plauso per la loro voglia di pragmatismo e la capacità di guardare oltre. Prima la vicepresidente della Commissione europea con delega all’Agenda digitale si è espressa in merito a Ipv6, il nuovo protocollo Internet che è già realtà e che molti, se non tutti, stanno trascurando.

Kroes ha semplicemente detto questo: il tema dell’esaurimento degli indirizzi Ipv4 non è più teorico, ma fisico: svolgiamolo. Facendolo si può e si deve costruire la nuova Internet, quella deputata anche a trattare le cose, non più solo le persone. La chiamata è per tutti: industria e autorità pubbliche. Un’innovazione fattiva, non celata dietro alle scusanti del libero arbitrio o a convenienze settarie.

La Vicepresidente della Commissione europea e Commissaria alla Giustizia, invece, ha detto che a gennaio presenterà una nuova proposta di legge europea sulla protezione dati.

Reding lo farà perché quella attualmente in vigore è del 1995, pensata cioè senza Internet. E oggi coniugare il concetto di dato senza Rete è impensabile. Proporrà un plesso normativo unico per un sistema di autorità nazionali integrato, in cui la decisione dell’una varrà per definizione per le altre. Semplificherà il meccanismo di controllo per fluidificare l’azione delle imprese e dei cittadini proprietari dei dati. Si occuperà di regolare i rapporti con i fornitori di servizi online. Immaginerà un cloud nemmeno più europeo, ma totale, aprendo il campo a un’affermazione dei diritti di protezione dati in senso globale.

Il comune denominatore delle posizioni di Kroes e Reding più che Internet è l’azione: il decidere e fare.
Rollingstonianamente il tempo, seppur all’europea gli dà ragione, è dalla loro parte. Stiamoci anche noi.

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