Innovazione e Bam per le banche italiane

Il Busines activity monitoring controlla in tempo reale gli indici di performance dei processi. Se ne è parlato a Smau

“In quasi tutti i contesti economici, il driver dell’innovazione è il processo di “consumerizzazione” del business. In altre parole, arriva il momento in cui i clienti chiedono coralmente più servizi o più funzionalità e tutti i business a elevato tasso di tecnologia, come quello bancario, si devono dare una risposta adeguata”.
Daniele Vanzanelli, docente di Sistemi Informativi all’Università Cattolica di Milano e partner di Reply, ha esordito così al convegno “Le leve dell’innovazione nel settore bancario: esperienze a confronto” curato dal Cetif (Centro ricerche informatiche e finanziarie
dell’Università Cattolica di Milano) e svoltosi a Smau.



“Fino a due anni
fa
– ha proseguito Vanzanelli – l’home banking rappresentava il differenziale competitivo per una banca, ma ora l’attenzione si è spostata sul mobile banking e questo ha portato a una forte innovazione nelle piattaforme e nelle tecnologie. D’altra parte, generalmente l’innovazione è un tema chiave per essere al passo con i tempi mantenendo un alto livello competitivo. Questo ha una valenza minore sul versante dei processi bancari perché le scelte sono già state fatte e sono abbastanza delineate all’interno delle organizzazioni”.



Riguardo la gestione dei processi
, Valzanelli ha proposto di seguire l’approccio Bam (Business activity monitoring), il quale fornisce strumenti per un controllo in tempo reale degli indici di performance dei processi stessi, fornendo così la possibilità di una reattività immediata ed efficace.

“Oggi il Bam – ha sottolineato Vanzanelli – è
ancora una sorta di araba fenice e in Italia non ci sono esperienze
significative. Tuttavia, raccomanderei di perseguire sia il concetto di
innovazione sia di Business activity monitoring”. Il suggerimento di Vanzanelli trae origine dal fatto che la regolamentazione pone un problema di compliance a fronte del quale occorre mettere in atto una serie di procedimenti, procedurali o meno, che permettano di aderire agli standard. “In questa logica – ha precisato Vanzanelli – il Bam è molto utile perché consente di monitorare i livelli di rischio connessi al business e all’operatività e, se necessario, di evidenziarli e correggerli”.



E proprio la gestione del rischio
è stato un altro dei temi portanti del convegno. Nelle organizzazioni, il controllo economico, finanziario e patrimoniale è solitamente abbastanza slegato dal monitoraggio del livello di rischio. “Per le banche – ha affermato Vanzanelli – elemento strategico del Bam è la capacità di integrare nel controllo del processo il concetto di monitoraggio del rischio sotto il profilo economico-finanziario-patrimoniale, aspetto che rappresenta uno dei temi caldi di Basilea 2. L’elemento di innovazione forte sta nel legare questi due temi in un unico framework, ovvero determinare da una parte l’impatto del rischio economico-finaziario-patrimoniale sui risultati dell’organizzazione e dall’altra monitorare i livelli di rischio connessi all’organizzazione stessa”.



Federico Rajola, direttore del
Cetif

e professore associato di Organizzazione aziendale e Organizzazione dei sistemi informativi aziendali, vede il concetto di innovazione secondo due prospettive, l’esploration e l’espletation. “La prima – ha spiegato Rajola – è un tipo di innovazione che va a ricercare tutto ciò che c’è di nuovo oggi e tenta di implementarlo offrendo vantaggi nel medio e lungo periodo. Questo approccio richiede però nuove competenze e persone in grado di portare avanti una forte sponsorship. La seconda prospettiva, l’espletation, consiste nello sfruttamento dell’esistente, fatto in diversi modi per non perdere quote di mercato”.



Mauro Bello, docente presso
l’Università
Cattolica del Sacro Cuore e Ricercatore Cetif, ha esposto
i risultati ottenuti da un’indagine svolta congiuntamente da Cetif e Iulm in
relazione all’adozione della televisione digitale nel settore bancario. Il
business condotto tramite canali digitali consente infatti alla banca di
sperimentare una soluzione di contatto con la clientela target alquanto
innovativa, ma comunque sempre inserita in un contesto di gestione tradizionale
dell’attività e confacente agli obiettivi di efficienza.





“La Tv digitale
– ha sostenuto Bello
viene usata dalle banche per fidelizzare i propri clienti o per acquisirne di nuovi e per erogare servizi semplici. Ci sono infatti dei limiti che devono ancora essere superati, non in termini di banda ma piuttosto di usabilità e di sicurezza. Dal punto di vista tecnologico è poi più semplice replicare servizi che esistono già su altri canali. Non c’è ancora grande chiarezza sull’opportunità che può offrire la televisione digitale in termini di creazione di nuovi servizi ma piuttosto viene vista come un mezzo per completare l’offerta multicanale”. C’è invece
interesse sul versante business per la tv digitale, testimoniato dal fatto che
già diverse banche la possiedono e la usano sia come strumento interno di
comunicazione sia per attività di l’e-learning.



Lo studio svolto da Cetif e Iulm ha
anche tratteggiato quattro prototipi di modalità di erogazione del servizio
tramite broadcaster che potrebbero influenzare i modelli di business. Il primo
di tali prototipi è quello one to one, che prevede il legame univoco tra una
banca e il singolo broadcaster; il secondo prevede la presenza di più banche su
un singolo canale che propongono la propria offerta; il terzo vede più banche in
onda su più canali di broadcaster diversi; infine, nel quarto c’è la banca che
decide di erogare servizi su più canali contemporaneamente. Quest’ultimo modello
potrebbe essere usato da banche che intendono approcciare un mercato locale.

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