L’etica e la trasformazione del sistema economico occidentale. Riflessioni su un impatto che è anche culturale.
L’outsourcing, ormai non più selettivo, la delocalizzazione delle
strutture di ricerca e supporto tecnologico verso le nazioni del continente
asiatico, India su tutte, sta generando una trasformazione del sistema economico
occidentale che, per peso e portata, non può non avere riflessi etici.
Problema cinese a parte, con tutto il carico di dazi, protezionismi mascherati o espliciti, e quindi negazioni del libero mercato provenienti proprio da chi, come noi occidentali, del liberismo ha fatto il proprio credo, è etico quanto stiamo facendo alle nostre economie?
Ma, anche, è etico quanto si sta offrendo alle loro, considerato che lo spostamento delle strutture ha una leva sola, quella dello sfruttamento di un lavoro a costi più bassi?
Le economie sono sempre fatte da persone normali, come noi che scriviamo e leggiamo queste pagine.
I bangaloresi, appartengono sicuramente a un altro contesto sociale, forse anche a un altro ceto. Ma, come noi, si vedono passare sopra la testa le strategie e le azioni che la guida economica (mondiale, purtroppo) stabilisce.
Però abbiamo una sensazione: che il loro induismo gli fornisca gli anticorpi necessari per assimilare, scomporre e interpretare, magari misticamente, quanto sta accadendo.
Noi, per farlo, abbiamo bisogno di più forza intellettuale, e la dobbiamo attingere nel contenitore di conoscenze, letture, ideologie che ci hanno cresciuto e che questo mondo hanno portato avanti, con la speranza che non sia una forza stanca.
E posto che di ideologie non ce ne sono più, si legge sempre di meno e che la conoscenza spesso sconfina nel terreno del labile ricordo, la stanchezza ha tutta l’aria di voler aumentare.
Insomma, ho la sensazione che il mio omologo indiano sia in vantaggio rispetto a me.
Che faccio, lo imito?
Voglia di curry.





