
Il ciclo di vita del documento non deve più essere avulso dalla realtà aziendale. Ovvero, il document management non è l’archivio, ma il motore dei processi.
Il traguardo di una “società paperless” è ancora lontano ma le manovre di avvicinamento sono in corso. Soprattutto, sebbene possa suonare strano, grazie alla Pubblica amministrazione, che sta distanziando industria e banche nell’applicazione delle regole tecniche per la riproduzione e conservazione dei documenti in formato digitale.
Passi in avanti per abbinare It e gestione del documento sono, comunque, stati fatti in ogni settore, principalmente passando dalla semplice protocollazione all’archiviazione sostitutiva. Il tutto in un’ottica di efficienza che richiede un cambiamento nei processi oltre che di approccio e di mentalità.
«L’offerta di mercato, tuttavia, non sempre è adatta alle esigenze aziendali – spiega Enrico Acquati, direttore consulenza e ricerca di Sirmi, durante un convegno organizzato dalla sua società insieme a Milano Finanza -. Troppo spesso di parla di puri prodotti o si abusa del termine soluzioni e, altrettanto frequentemente, si confonde il documento con il suo contenuto».
Nello scambio continuo di informazioni implicito all’attività aziendale, con la crescita del volume generato dall’affermazione dei nuovi mezzi di comunicazione, le esigenze di gestione documentale sono spesso ricondotte a una metodologia tradizionale in cui per avere visione del ciclo di vita dei documenti è sufficiente conoscere la natura di questi ultimi (cartacea o digitale, con modalità di gestione differenti), focalizzandosi più sul problema dell’archiviazione che non su quello della distribuzione.
«In questa situazione – prosegue Acquati – il ciclo di vita del documento è avulso dalla realtà aziendale e non considerato di supporto al business. Società organizzate per funzioni e non per processi guardano alla gestione documentale supportata da strumenti informatici come a un oggetto di poco valore».
Il document management viene confuso con l’archivio, mentre il suo valore effettivo sta nella possibilità di riutilizzare i documenti ogni volta che lo si ritiene opportuno.
«All’immagine di staticità deve sostituirsene una più dinamica – dice ancora Acquati – più adatta a caratterizzare aziende non isolate, ma inserite in una filiera con scambi di informazioni continue, in varie forme».
Il flusso documentale prevede una sorta di ciclo continuo, infatti, che alla produzione di un documento ne fa seguire l’uso, la distribuzione e l’integrazione con altri dati, fino ad arrivare all’archiviazione. E questo per ogni tipologia, comprese e-mail, disegni, progetti, fotografie, fatture.
«La tendenza è di trascurare il tema dell’integrazione – continua il manager – e di procedere con una gestione indipendente dei vari oggetti, mentre la correlazione con i processi aziendali è di fondamentale importanza. Bisogna, poi, diventare consapevoli dell’importanza che assume il poter fruire e accedere sempre ai documenti e, quindi, la loro reperibilità, indipendentemente dal formato originario, assume un ruolo primario».
Adottare un corretto approccio alla gestione documentale, comunque, non significa sottovalutare le problematiche di protocollazione, classificazione, fascicolazione, scarto e archiviazione ma vederle come un singolo aspetto. E i vendor, in uno dei pochi mercati It che cresce ancora a due cifre, devono fare la loro parte, comprendendo esattamente le esigenze delle imprese e predisporre soluzioni di gestione dei flussi (non dei semplici documenti) e di archiviazione per qualunque tipologia, integrando cartaceo e digitale. Di determinante importanza è la capacità di correlare documenti e dati associati per non perdere parte del patrimonio informativo aziendale che deve essere reso il più facilmente e rapidamente fruibile a tutti quei soggetti aziendali che, una volta autorizzati, ne facciano richiesta.