A quali realtà è adatto Itil, quali sono i suoi limiti e quali le novità introdotte con la versione 3? Ne abbiamo chiesto conto a due esperti, Malcom Fry, original contributor della specifica ed executive advisor di Bmc Software, e Dario Carmi, consigl …
A quali realtà è adatto Itil, quali sono i suoi limiti e quali le novità introdotte con la versione 3? Ne abbiamo chiesto conto a due esperti, Malcom Fry, original contributor della specifica ed executive advisor di Bmc Software, e Dario Carmi, consigliere di ItSmf Italia e premier support Microsoft services. «La principale novità di Itil v3 – esordisce Fry – riguarda la struttura dei libri, più che i contenuti raccolti. Invece di disporre di 8 libri orientati ai processi, i nuovi book propongono un approccio che copre l’intero ciclo di vita dei processi It». «L’unico vero comandamento di Itil – gli fa eco Carmi – è la sua adattabilità. Si tratta di una lista di linee guida che può essere liberamente adattata e interpretata. La difficoltà della versione 2 era data dal fatto che era tradotta in libri e componenti piuttosto slegati, mentre la versione 3 ha introdotto più ordine e sistematicità, semplificando notevolmente l’approccio. Inoltre, la nuova release ha introdotto un vero e proprio process model, identificando le fasi del ciclo di vita del servizio It e riconducendo a unità aspetti prima affrontati “atomicamente”».
Quali aziende, in termini dimensionali, sono in grado di trarre i maggiori vantaggi dall’adozione di questo framework? «Qualunque azienda, indipendentemente dalla grandezza, può beneficiare dell’adozione delle strategie Itil, perché i processi presidiati dal framework sono piuttosto generici – sostiene Fry -. In ogni caso, anche le società più piccole possono ottenere economie e qualità dal miglior governo del ciclo di vita dell’It». «In seno a ItSmf Italia – sottolinea Carmi – è stato creato un gruppo di lavoro focalizzato sulle Pmi, che ha di recente pubblicato un white paper. Questo, unito a una pubblicazione inglese che rappresenta, oggi, la “Bibbia” in materia, suggerisce che Itil possa essere applicato anche alle medie e medio piccole imprese, a patto di procedere a un raggruppamento dei ruoli definiti, che sono fino a una trentina, in un minimo di 6/7 persone, facendo convergere diversi ruoli su una stessa figura».
Il framework è, sempre più spesso, utilizzato in abbinamento ad altre metodologie di presidio della qualità. «Sono già in atto progetti per migliorare l’integrazione tra Itil e altre metodologie, in particolare CobIt – conclude Fry -. A volte si verificano problemi dovuti al fatto che i responsabili di alcune best practice considerano le altre “buone abitudini” come concorrenti e non come strumenti complementari. Invece, come si evince dal grafico, i due approcci lavorano insieme. La governance dell’It fornisce il dominio complessivo, Itil i processi funzionali, CobIt il controllo e il bilancio dei processi. Iso 20000 potrà, infine, essere utilmente impiegato per l’analisi complessiva e in un’ottica di miglioramento continuo». E i limiti di questa metologia? Carmi non ha dubbi: «Itil nasce come framework indipendente dalla piattaforma e, quindi, pecca sin dalla nascita di scarsa prescrittività. Un’altra area ancora scoperta è quella relativa al monitoraggio di alcune attività, come il controllo proattivo delle risorse, la compattazione dei database o il backup, che non offrono vantaggi immediati ma che, tuttavia, sono fondamentali per mantenere in salute i sistemi It».





