Il digital divide penalizza in Italia i contatti con la Pa

Alcune indagini hanno evidenziato come una diffusa ignoranza sull’uso delle tecnologie It, sia presso il cittadino che gli imprenditori delle Pmi, freni l’utilizzo di Internet come fonte di comunicazione e servizi. Ma i risparmi consentiti dalla Rete dovrebbero far riflettere.

Sebbene gli italiani abbiano fatto stupire il mondo per la velocità con cui si sono innamorati dei cellulari, una simile “attrazione fatale” non è ancora scattata per i servizi pubblici online. La diffidenza con cui i cittadini accolgono i diversi strumenti telematici attraverso i quali rapportarsi con la Pa, centrale e locale, è diffusa omogeneamente nell’intero Paese e come sistema di dialogo continuano a privilegiare la posta o il contatto diretto, nonostante le file e le perdite di tempo. Se i cittadini preferiscono ancora un approccio vecchia maniera, qual è invece l’atteggiamento degli imprenditori, piccoli e medi?


Recenti analisi hanno fotografato gli stati d’animo e le perplessità, ma anche i possibili rimedi su cui gli amministratori della Pa dovranno riflettere prima di portare su Internet tutto il sistema di rapporti con il pubblico. Altrimenti la frattura, già piuttosto evidente, tra cyber-naviganti e refrattari all’innovazione (che oggi sono considerati i nuovi analfabeti) si allargherà a dismisura.


Infatti un’indagine recente, commissionata dall’Associazione della Comunicazione Pubblica e Istituzionale e compiuta dall’Istituto Cattaneo di Bologna, mirava ad appurare quali strumenti di comunicazione siano più graditi agli italiani. I dati raccolti dimostrano che il 76,8% degli italiani punta ancora sui sistemi tradizionali per contattare la Pa e solo il 13,1% si fida dell’high tech.


In particolare, come prima opzione, gli utenti preferiscono recarsi agli sportelli (per chiedere informazioni il 35,8% e per presentare domande il 49,8%), oppure telefonare (34,5% e 17,6%) o affidarsi alla posta (10,9% e 14,5%) piuttosto che utilizzare un chiosco elettronico (1,8% e 2,8%), visitare un sito (10,2% e 9,5%) o ricorrere alle e-mail (5,7% e 6,9%). Secondo gli intervistati per ricevere comunicazioni dalla Pa il sistema più affidabile è ancora la posta, forse perché “scripta manent” (così la pensa il 47,8% degli intervistati, anche se la percentuale cambia a seconda del titolo di studio), oppure gli spot diffusi con radio e Tv. Pochi indicano Internet (6,0%), la posta elettronica (4,4%) e i messaggi Sms (2,8%), mentre sono quasi inesistenti gli utenti dei chioschi multimediali (0,3%).


Questi numeri nascondono però la profonda spaccatura generazionale: gli “high tech”, infatti, sono soprattutto giovani, acculturati, impegnati nello studio o con il lavoro, mentre chi predilige gli strumenti “old” è quasi sempre anziano (il 97,1% ha più di 65 anni, un titolo di studio inferiore o assente ed è pensionato). Lo studio dedica un capitolo a parte alla diffusione della conoscenza di Internet, perché si ritiene che questo strumento potrebbe avere un ruolo importante fin dal prossimo futuro. Si scopre, così che tra i “tradizionalisti” il 94,1% “non è utente” e che la familiarità all’uso del Web è condizionata da diversi fattori, come l’età, il sesso, la cultura.


Infatti, la percentuale di utenti Websale in base al titolo di studio: licenza media (23,1%), diploma (53,8%) e laurea (65,7%). L’approccio cambia anche a seconda del sesso: il 41,6% uomini e 27,3% donne.


Per quanto riguarda le informazioni che si ricevono dalla Pa, il 41,0% le ritiene “incomplete” e difficili da capire (21,4%) oppure comprensibili, ma errate (17,2%). Solo il 20,4% del campione le promuove definendole “complete e comprensibili”. Tuttavia il 56% degli intervistati promuove a pieni voti gli impiegati pubblici giudicandoli ben preparati e capaci di farsi comprendere. Anzi, poiché dall’analisi emerge che quanto più è elevata la possibilità di contatto tra utente e impiegato, migliore è il giudizio, da questo dato si deduce che esistono margini di miglioramento per il rapporto che si possono conseguire implementando i corsi di formazione in comunicazione per gli impiegati addetti al pubblico. Infine, sembrano poco conosciuti e poco utilizzati gli Uffici relazioni con il pubblico. La maggioranza degli intervistati (75,6%) ignora se il servizio è attivo nel proprio comune e comunque non vi si è mai recato (unica eccezione, tra i grandi centri, Bologna: quasi un terzo l’ha visitato almeno una volta). Il 61,7% di quanti l’hanno sperimentato afferma però che l’Urp ha migliorato molto o abbastanza l’accesso ai servizi.

Forti risparmi per le Pmi


Un’altra ricerca, realizzata dall’Osservatorio Internet di Artigianinet prende spunto dall’opuscolo del ministero per l’Innovazione “Dalle code al click” per individuare le pratiche che si possono svolgere già oggi per via telematica, evitando le file agli sportelli e abbattendo i costi derivati dai tempi di attesa e dagli spostamenti. Sebbene le procedure in Rete siano poco meno di 300, permettono comunque di realizzare rilevanti risparmi: infatti, se il costo medio per ciascuna è di 25 euro e se tutti i 4,865 milioni di aziende italiane adoperassero questa modalità, vi sarebbe un risparmio complessivo di 8,7 miliardi di euro, con una ricaduta per azienda di 1.787 euro e punte tra i 1.900 e 2.300 euro per quelle che operano nelle regioni tecnologicamente più avanzate. Tra queste, al primo posto si trovano l’Emilia Romagna (con 91 procedure dedicate alle imprese), il Lazio (78), la Lombardia (76) e le Marche (73), mentre tra le località che offrono ancora un numero ridotto di servizi (61) vi sono Sicilia, Calabria e Molise, ma anche Val d’Aosta e Trento.


E ancora una ricerca, condotta da Abacus per Confartigianato, afferma poi che il 57% delle aziende già utilizza Internet nei rapporti con la Pa e che i benefici derivanti dalle procedure online per una nuova impresa sono pari a 2.992 euro con un impatto sul settore dell’artigianato di quasi 1.000 milioni (927,82 milioni).

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