Ho sottoscritto un contratto con un provider di spazio Internet statunitense. Come in tutti i contratti di questo tipo, c’è un limite di banda, cioè di uso massimo, che non ho mai sfiorato. Purtroppo però, a causa, pare, di un buco …
Ho sottoscritto un contratto con un provider di spazio Internet statunitense.
Come in tutti i contratti di questo tipo, c’è un limite di banda, cioè
di uso massimo, che non ho mai sfiorato. Purtroppo però, a causa, pare,
di un buco di sicurezza in una delle nostre pagine, una notte sono stati scambiati
centinaia di gigabyte di dati. Il provider ci ha mandato un conto, per superamento
della banda, di oltre 2000 dollari. Abbiamo visto sulle FAQ del provider che in
questi casi loro dovrebbero avvertire i clienti o comunque rendere irraggiungibile
il sito. Cosa possiamo fare?
A nostro giudizio, c’è un onere del provider quantomeno di avvertire
subito l’utente nel momento in cui l’uso dello spazio subisce una impennata
eccezionale, che è quasi sicuramente indice di un virus, un trojan o
comunque un problema di sicurezza. Anzi, in tali casi, visto che non sempre
il titolare del sito non è immediatamente raggiungibile, come nel caso
del lettore dove il problema si è verificato quando in Italia era notte,
probabilmente il provider dovrebbe direttamente chiudere il sito, sia per impedire
che venga "consumata" della banda a caro prezzo, sia per impedire
che il problema di sicurezza faccia più danni di quelli che ha fatto.
Su tutte le parti di un contratto grava, infatti, l’onere di comportarsi
secondo buona fede, previsto dall’art. 1375 del codice civile italiano.
Questo dovere di comportarsi secondo correttezza è comunque ripreso sia
pure in forme diverse, dalla legislazione di altri Stati, compresi gli USA.
Comportarsi secondo buona fede significa fare tutto ciò che una persona
corretta e di media diligenza farebbe nelle situazioni che mano a mano vengono
a verificarsi durante l’esecuzione del contratto. In questo contesto, dunque,
se il provider si accorge, e non può non rendersene conto dal momento
che dispone di software e altri strumenti che tengono costantemente sotto controllo
l’utilizzo della banda Internet, che è la sua principale risorsa, che
vi è un "uso anomalo" della stessa, essendo un tecnico della
materia deve capire che si tratta di un quasi certo problema di sicurezza, dal
momento che questo è ciò che avviene di solito.
La correttezza in questi casi impone che quantomeno si informi il proprio cliente,
nel modo più rapido possibile e quindi probabilmente per telefono, senza
affidarsi alla posta elettronica che non si sa quando verrà letta. Probabilmente,
inoltre, la correttezza richiesta al provider si spinge, qualora il cliente
avvertito non provveda o comunque lo stesso non sia raggiungibile, fino a imporgli
di chiudere temporaneamente il sito, dal momento che il problema in questione
potrebbe avere effetti dannosi sia per il cliente stesso che per gli altri utenti
del provider che per l’intera rete mondiale.
Naturalmente, sarebbe molto comodo per il provider lasciare che gli utenti
superino allegramente i limiti di banda per poi mandargli a casa la fattura,
ma questo non è considerato un comportamento corretto e la legge non
può consentirlo.
Alla base del contratto di fornitura di spazio, ci deve essere un equilibrato
scambio tra un servizio e un corrispettivo, che non deve trasformarsi in una
"spada di Damocle" per l’utente, sempre soggetto alla possibilità
di ricevere fatture spropositate.
Dal punto di vista giuridico, il problema è del tutto analogo a quello
che si è verificato per quegli utenti di connessioni ADSL a consumo,
che dimenticavano acceso il modem e quindi rimanevano connessi anche oltre magari
la mezz’ora che avevano utilizzato per navigare o per vedersi la posta, con
la conseguenza che la loro bolletta telefonica lievitava improvvisamente, quasi
sempre decuplicandosi rispetto alla media dei consumi precedenti.
I giudici che si sono occupati di questi casi hanno ritenuto che il provider
telefonico avrebbe dovuto avvertire l’utente di questa impennata anomala nei
consumi, mettendolo in grado di provvedere, senza limitarsi a mandargli la bolletta
astronomica e ad attenderne il pagamento ed hanno quindi riportato, con le loro
sentenze, le bollette agli importi corrispondenti alla media di consumo dei
mesi precedenti.
Tornando al caso del lettore, dunque, si può dire che egli può
rifiutare di pagare quanto richiesto, illegittimamente, dal suo provider, tanto
più che sono le condizioni generali di contratto, contenute nelle FAQ
pubblicate sul sito, del provider stesso a prevedere l’obbligo di avvertire
il cliente in caso di superamento della banda per e-mail. Non essendo mai stata
né spedita né tantomeno ricevuta questa mail, il provider è
in torto e la colpa del superamento di banda è anche sua, per cui non
può richiedere ora un corrispettivo.
Su tali basi, però, come ci si deve poi muovere concretamente? È
bene non affidare le proprie difese ad alcune e-mail o ticket di assistenza
scambiati con alcuni esponenti del provider, ma inviare alla sede legale del
provider una raccomandata internazionale con ricevuta di ritorno in cui si sostengono
le proprie ragioni e si dichiarano i motivi per cui non si paga, cosa che si
può fare con l’ausilio di un legale di fiducia ma anche personalmente.
In ogni caso, è una vicenda da non trascurare, perché specialmente
per il suo carattere internazionale se non gestita e chiarita una volta per
tutte può diventare impegnativa.





