Gli oligopoli che non piacciono al Censis

In Italia, la spinta dal basso verso l’innovazione viene frenata da aziende e istituzioni.

E’ un documento strano quello del Censis pubblicato un paio di giorni fa.

“Il controllo delle reti telematiche” parla di
“moltitudine”, di “oligarchi”, termini utilizzati spesso da Toni Negri
(ricordate il professore dell’Autonomia Operaia) nel suo “Impero”, un libro che
si è meritato anche la segnalazione del New York Times.

Negri parla di
globalizzazione e di conflitto sociale e anche il Censis ci va molto vicino
quando parla di “una moltitudine che non diventa minoranza
trainante
”.

Ribaltando il luogo comune che vuole l’Italia un Paese
poco tecnologico, il Centro studi investimenti sociali guidato da Giuseppe De
Rita (l’inventore della formula “piccolo è bello” per le Pmi italiane) sostiene
infatti che la spinta dal basso verso l’innovazione viene frenata da aziende e
istituzioni.

La predominanza di Telecom nella banda larga è un esempio,
ma basterebbe ricordare la lunga vicenda dell’apertura al Wi-fi per farsi venire
il dubbio che a volte le istituzioni non lavorino per il cittadino.

E il
bando del WiMax? Permetterà una reale concorrenza o servirà solo per favorire i
soliti noti?

Il Paese cresce anche dal punto di vista dell’innovazione
ma rimane sotto un tappo che impedisce il libero sviluppo del mercato.


D’altronde basta guardare al cammino delle “lenzuolate” di Bersani per
capire quanto sia difficile innovare a qualsiasi livello.
A livello
mondiale, dice il Censis, questo non succede.
Anche lì ci sono i colossi ma
i piccoli riescono a farsi spazio.

Certo, perché negli Usa è magari più
difficile trovare l’istituzione che va a braccetto con la grande azienda. Qui
fra un ministero della Difesa che fa molta fatica a mollare le frequenze del
WiMax e altri che non hanno un grande interesse ad affermare la nuova tecnologia
c’è ben poco da stare allegri

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