Gioie e dolori delle reti d’impresa

Giuseppe Reggia, consulente, racconta come far collaborare le imprese

L’uomo che insegna a lavorare insieme alle aziende ha 61 anni e un curriculum che da una delle più importanti società di consulenza l’ha portato poi a collaborare con le piccole e medie imprese. Un po’ psicologo e un po’ manager, Giuseppe Reggia sta preparando i bagagli per la Turchia. Ora è il momento dell’internazionalizzazione. Segnale di un mondo che cambia, dove attorno alla aziende c’è il caos, dice. E proprio il cambiamento di clima (non in senso meteorologico) spinge oggi qualche azienda a cercare collaborazione per vedere se l’unione fa ancora la forza. Mecnet (cinque aziende della meccanica), Metalink, (dieci aziende di stampi e stampaggio) e Digicons (otto aziende dell’Ict che oggi sono diventate 24 ) sono alcuni dei passaggi professionali di Reggia che in virtù della sua esperienza prova a spiegare cosa succede quando le aziende decidono di lavorare assieme.


“Ci sono due tipi di organizzazioni – è l’esordio -. Nella prima c’è un leader visionario che indica la strada al gruppo di imprenditori, mentre nella seconda c’è un azienda più grande delle altre che domina il gruppo dei fornitori”. Buttandola in politica da una parte c’è da costruire un organismo democratico e dall’altra una piccola dittatura.


Delle due, pare ovvio, la più interessante è la prima. Nella seconda infatti, prosegue Reggia, “si utilizza l’Ict per mettere i fili a una relazione che già esiste e che porta sviluppo soprattutto all’azienda leader. Si tratta di una rete gerarchica rigida ad alto rischio”. Se cala il business del capo a valanga cedono anche le altre imprese.


Quando entra in scena la democrazia, però, c’è da rimboccarsi le maniche e lavorare sul serio sapendo che per arrivare all’obiettivo ci vorranno sicuramente un paio d’anni.


Un cammino lungo e faticoso costellato di battute d’arresto e accelerazioni con aziende che se andranno e altre che entreranno a fare parte della rete. Perché le reti sono un organismo vivo, che cambia nel tempo.


Il primo passo con Mecnet è stato di organizzare dei corsi serali per gli imprenditori.


Gente che alla sera è stanca con poca voglia di mettersi sui banchi ad ascoltare il “consulente” per il quale spesso prova istintivamente un filo di diffidenza. Reggia la piglia alla lontana. Attorno alle aziende c’è il caos, l’instabilità è sulla porta, Internet, i nuovi modelli di business soprattutto per quanto riguarda il business to business. “All’inizio strabuzzavano gli occhi, poi hanno iniziato a interessarsi, a parlare a scambiarsi le esperienze”.
A quel punto inizia a emergere la figura del leader, quello a cui il consulente si aggrappa per trascinare il gruppo verso il traguardo della rete d’impresa. “Da non confondere con un consorzio”. Nel Consorzio, spiega deciso, si mettono assieme aziende che fanno la stessa cosa, magari per conquistare un bando pubblico o in generale per avere altro lavoro.
Non vogliono cambiare.


La rete è un’altra cosa è un organismo che nasce per cambiare, funziona se le aziende coprono la filiera con la massimo un paio di imprese che fanno la stessa cosa. E’ un luogo dove il know how viene passato anche agli altri dove è necessaria una buona capacità di relazioni. E poi deve esserci una sovrastruttura che lavora per gli altri, erogando servizi comuni, creando sinergie, permettendo alle aziende di tagliare i costi.


Tutti devono rivisitare i loro processi, soprattutto quando arriva il momento dell’Ict che permette di migliorare il lavoro fra le aziende. Qui però qualcuno rischia la crisi “perché non ha investito per tempo nell’infrastruttura tecnologica e deve abbandonare il gruppo”.


Altri invece se ne sono andati perché non riuscivano a vedere il vantaggio della collaborazione o perché pensavano che la rete avrebbe risolto i loro problemi. “Non avevano la capacità di migliorarsi”, sentenzia Reggia che ricorda come l’entrata in una rete è subordinata a un check che dica pregi e difetti. Poi però bisogna lavorare duro sui difetti perché la rete è cinica.


Il più debole prima o poi se ne va.


Il ruolo dell’Ict è fondamentale perché permette anche alla sovrastruttura che lavora per il gruppo di interfacciarsi con le aziende. Ma fino a che punto? E’ questo uno dei problemi. Bisogna rispettare l’autonomia e soprattutto attendere che l’azienda raccolga i frutti della collaborazione.


“Se la faccenda funziona l’azienda collabora ed è disposta ad accettare meglio le intrusioni nel suo business”.
E’ un rapporto che deve crescere nel tempo.


Il cammino non è mai lineare. “In Digicons (dove è stato anche socio fondatore) a un certo punto abbiamo fatto ricorso a un consulente che ci ha costretto a lavare i panni sporchi in pubblico, capire i comportamenti sbagliati, individuare le opportunità, negoziarle con gli altri”.


Tutto questo tenendo conto che la situazione è dinamica e che il leader di oggi non è detto sarà quello di domani. Cosa succede quando un’azienda porta una commessa? A quel punto chi decide il lavoro? Ovviamente chi lo ha portato anche se fino a ieri contava come il due di picche. Con briscola fiori.


Dopo un paio d’anni la rete arriva a maturazione ancora un po’ di tempo e può essere pronta al grande balzo, lo sbocco definitivo, la fusione fra le aziende. Però qui siamo nella fantascienza, Reggia non ne ha ancora vista una e forse non è detto che debba succedere.


Anche la Rete per questo Paese è un grande successo.

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