Un’indagine condotta da A&F Research mette in luce l’atteggiamento delle Pmi italiane nei confronti della sicurezza. E i giri di vite sono in arrivo.
Non ci sono solo la congiuntura economica, la stretta creditizia e la necessità di gestire una concorrenza sempre più agguerrita tra i problemi che tengono in affanno le piccole e medie imprese italiane.
Secondo uno studio condotto da A&F Research per conto di Trend Micro su un campione di 150 pmi nazionali, qualche patema d’animo nasce anche quando si parla di sicurezza informatica e riservatezza dei dati.
In una scala da 1 a 5, gli intervistati attribuiscono infatti un valore di 2,68 al furto dei dati aziendali e di 2,65 a quello dei dati personali. Una valutazione in entrambi i casi addirittura superiore a quella generata dal cosiddetto credit crunch, al quale le pmi assegnano un punteggio di 2,61.
Ma quali tipologie di minacce preoccupano di più le piccole imprese nazionali?
Sicuramente il problema dello spam è uno dei più sentiti (40% dei casi), così come ancora preoccupano i virus (24,6%). Non son poche però le realtà che segnalano problemi legati al furto o allo smarrimento di pc portatili o smartphone, con conseguente perdita di dati aziendali.
Non mancano poi altre preoccupazioni, legate ai comportamenti del personale che lavora in azienda e alla correttezza dell’utilizzo di Internet e degli altri strumenti di comunicazione durante l’orario di lavoro. Le perplessità sono piuttosto forti e le aziende si interrogano sulla possibilità di regolamentare l’utilizzo di Internet al loro interno.
Attualmente la maggioranza degli interpellati dichiara di essere intervenuta o di aver intenzione di intervenire su tre aree principali: pornografia (56,2%), dei giochi (41,8%), scommesse e lotterie (37,9) in buona parte già oggi non accessibili, specie nelle aziende di maggiori dimensioni.
Meno omogenee sono invece le decisioni per quanto riguarda chat e siti di social networking. Attualmente sono il 22,3% degli interpellati che vietano l’accesso alle chat, ma in futuro potrebbero salire al 33%. Similmente, per quanto riguarda i social network, si dovrebbe passare dal 21,4% di oggi al una restrizione nel 24,3% nel prossimo futuro.
Le preoccupazioni, va detto, riguardano però due aspetti differenti: da un lato la sicurezza vera e propria, dall’altro la percezione che un’eccessiva libertà nell’utilizzo di questi strumenti possa tradursi in eccessive perdite di tempo, con un impatto evidente sulla produttività.
Per questo motivo, le aziende interpellate si sono dette favorevoli a un tempo di utilizzo moderato e limitato: la maggior parte delle aziende (il 68%) ritengono accettabile un utilizzo non superiore ai 20 minuti al giorno. Va detto, tuttavia, che le aziende più piccole appaiono meno tolleranti, infatti solo il 26,3% giudica opportuno un utilizzo oltre i 20 minuti. Mentre il 44% delle aziende più grandi considera accettabile superare tale limite.
Ma a chi tocca decidere quali policy di sicurezza adottare e quali soluzioni di sicurezza scegliere?
Importante, per queste tipologie di imprese, è il ruolo dei
consulenti esterni Ict, che vengono chiamati in causa nel 62,1% dei casi, spesso anche con affidamento totale della tematica, ai quali vengono ascritte le funzioni di prescrizione, consiglio e supervisione.





