Opporsi o soccombere all’outsourcing, evitando l’ovvietà.
Che tempi quando Sly (Silvester Stallone) impersonava un sindacalista
(Hoffa) energico, nerboruto, con l’animo percorso da dubbi, tanto da chiedere
aiuto alla mafia per il timore di non saper far fronte da solo alle pressioni di
quei cattivoni dei padroni.
Sono passati anni e, magari, potrebbe anche
decidere di farne un remake.
Tanto i tempi, quanto a pressioni, non sono
cambiati.
L’epoca è diversa, ma le istanze sono le stesse.
Tre esempi.
Senza fare del vittimismo autoreferenziale, guardiamo oltralpe.
In
Francia il titolare di un’azienda da tipico distretto industriale, cioè a metà
fra il padronale e il globalizzato (produce componenti elettronici) ha deciso di
terziarizzare parte della produzione in Romania.
Ma non ha licenziato i
dipendenti coinvolti nell’outsourcing produttivo.
Ha detto loro: per voi
c’è un posto di lavoro in Romania, alla paga di un operaio rumeno, 110 euro al
mese…
Di più sconfortante nella storia c’è l’atteggiamento dei
sindacati locali, che, testualmente (lo abbiamo sentito con le nostre orecchie
in un reportage della televisione svizzera) hanno detto: “come dagli torto?
Non ce la fa. I costi del lavoro sono troppo alti. Ma la colpa è dei governi,
che dovrebbero fare di più“.
Niente scioperi, quindi, per opporsi alla,
quantomeno, singolare proposta.
Chi invece, tanto per rimanere in zona, ha
in animo di scioperare, sono i dipendenti di Ibm France.
Uno sciopero
simbolico, ma che ambisce all’efficacia, contro l’aria che tira: ovvero contro
la terziarizzazione delle attività di servizio verso i paesi terzi, come India,
Bangladesh e dintorni.
Le acque si muovono, quindi, anche se non
all’unisono.
Qualche Sly scenderà in campo e chiederà qualche microfono.
Per ora, invece, i riflettori sono puntati su quelle realtà che della
terziarizzazione dei servizi It fanno la loro ragione d’esistere.
Ed è una
buona esistenza.
Il dato va colto e analizzato per quello che è.
Anche,
e, soprattutto, da parte di chi intende opporsi all’andazzo. Qualche nome da
appuntarsi: Infosys Technologies, Satyam Computer Services, Tata Consultancy
Services, Wypro Technologies, tutte società che dall’India prestano servizi
tecnologici al mondo intero, nell’ultimo trimestre sono cresciute, in fatturato,
con una media del 38%, e negli utili del 45%.
Non solo, anche una società
del New Jersey, Cognizant Technology, che fa servizi di sviluppo applicativo
dall’India, nel trimestre ha fatturato oltre il 50% in più rispetto allo scorso
anno: 181 milioni di dollari.
Insomma, il business dell’outsourcing It c’è e
fa guadagnare chi lo tiene in mano.
Il punto è: per opporvicisi (se se ne ha
l’intenzione) si ha bisogno di fatti eclatanti, o si può ricorrere, magari per
l’ultima volta, alla ormai desueta concertazione?
Basterebbe comunque non
sentire qualcuno venir fuori a dire: “come dargli torto?”.
Anche la
fiera dell’ovvio, no.





