Un’indagine di NextValue fra 100 grandi aziende italiane ne limita al 3% l’adozione piena. Ma per molti è importante
In molti lo conoscono, ma pochi lo utilizzano. Lo stato dell’arte dell’enterprise 2.0 in un centinaio di grandi aziende italiane è fotografato da NextValue che indica un grado di adozione pari al 3% con uso esteso delle applicazioni in tutta l’azienda, un 15% che ne fa un utilizzo limitato, il 17% che è nella fase dello sviluppo prototipale in alcune aree e il resto che si divide fra chi ci sta pensando (41%) e chi non se ne cura (24%).
Queste cifre si traducono con un 44% che ha implementato un portale, il 42% che utilizza i Web service, il 41% il Web content management, il 40% la videoconferenza, il 33% i blog e percentuali minori ma superiori al 20% per search, Rss e Wiki, le tecnologie più specifiche dell’Enterprise 2.0. Un dato che secondo la società di ricerca “lascia prevedere interessanti futuri sviluppi, in considerazione del fatto che queste stesse tecnologie sono anche l’essenza per ottenere il cosiddetto effetto viralità”.
Però, sottolinea NextValue, ciò che realmente identifica e caratterizza l’Enterprise 2.0 è il contesto, non le tecnologie, per questo la ricerca ha sondato le ragioni che spingono le organizzazioni a considerarlo strategico.
Il 43% ritiene indispensabile o molto significativo introdurlo in azienda ai fini del business, mentre un ulteriore 30% ritiene che abbia comunque una buona importanza. Solo il 27% ne ha una percezione di importanza e di impatto minimo o trascurabile.
In sostanza, è la conclusione, pur delineando un quadro di mercato ancora gli inizi, questi risultati posizionano l’E 2.0 come una tecnologia e una prassi mission critical che ha già riscosso l’attenzione della prima linea di management.
L’importanza della materia è però per molti quasi un atto di fiducia. Una sorta di “non capisco ma mi adeguo”. Solo il 12%, infatti, ritiene di avere ben compreso la materia ed espressamente indirizzato la propria attività, il 18% ha compreso in gran parte di cosa si sta parlando, il 33% è al livello “chiaro a livello intuitivo, il 31% si limita a un “non ben compreso”. Manca l’esperienza sul campo. “Il rischio è che si continui a privilegiare il piano tattico, introducendo sviluppi ad hoc e circoscritti e procedendo per accumulazione di iniziative, trascurando i reali benefici che l’intera impresa potrebbe derivare dall’adozione di una strategia centrica sull’Enterprise 2.0”.
I benefici, secondo il campione, si traducono in acquisizione di nuovi clienti (46%), miglior servizio ai clienti (27%), innovazione di prodotto e time to market (19%), impattando anche sulla riduzione dei costi. Ma chi sono gli sponsor del progetto? Il cio si trova in terza posizione con il 21%, superato dal manager dell’unità di business con il 44% e l’alta direzione con il 29%. I principali ostacoli all’adozione rimangono la mancanza di esperienza e business case (51%), la cultura aziendale (47%), il Roi con convincente (39%) e le tecnologie immature o troppo innovative (39%).
Accanto a quasi il 9% che si dichiara pienamente soddisfatto del progetto avviato esiste però un 5% che dopo l’iniziale entusiasmo ha visto il progetto arenarsi nelle secche del budget e di fronte a difficoltà come “l’impossibilità a trarre vantaggio dall’effetto moltiplicatore della rete e la difficoltà delle tecnologie”. In più il vertice non ci ha creduto fino in fondo. Un elemento fondamentale in gradi di bloccare qualsiasi progetto. Senza contare che anche le aziende che hanno avviato importanti iniziative hanno coinvolto meno del 20% dei collaboratori. Risultati contrastanti, che non impediscono però a NextValue di affermare che comunque l’Enterprise 2.0 guadagna il mare aperto. Nonostante tutto, eppur si muove.





