L’effetto iPhone del 2025: ChatGPT cambia per sempre l’esperienza software

Ismail Amla chatgpt

Immagina di dialogare con ChatGPT della possibilità di trasferirti a Londra per un periodo di prova di sei mesi. Durante la chat, compare una mappa con le case in affitto rispetto alla tua tua fascia di prezzo che sei disposto a pagare. Nessun cambio di app, nessuna nuova scheda: solo una mappa interattiva che appare direttamente nella chat. Chiedi informazioni sui quartieri e ti compaiono i tempi di percorrenza. Menzioni di dover comprare dei biglietti aerei, e all’improvviso stai prenotando con Expedia, sempre nella stessa conversazione. Un buon ristorante? ChatGPT si collega a OpenTable e ti suggerisce quello con le migliori recensioni vicino al tuo hotel. Lo prenoti per una cena con il tuo compagno.

Non è una semplice demo. Dal 6 ottobre 2025, ChatGPT è diventata una piattaforma applicativa che integra direttamente in chat servizi come Booking.com, Spotify, Figma e Coursera. Con 800 milioni di utenti settimanali, OpenAI ha appena standardizzato un nuovo modo di interagire con il software: basta dire cosa vuoi fare, e gli strumenti si attivano.

Per le applicazioni enterprise, questo rappresenta un punto di svolta paragonabile al lancio dell’iPhone. Quando arrivò sul mercato nel 2007, introdusse nuove aspettative di semplicità e intuitività che, nel tempo, obbligarono anche i software aziendale a rinnovarsi. ChatGPT sta innescando la stessa trasformazione, ma questa volta il cambiamento sarà più rapido e profondo. Se l’iPhone cambiò il modo in cui accediamo al software, oggi strumenti come ChatGPT stanno cambiando il modo in cui pensiamo all’accesso stesso.

Nel caso del nuovo Apps SDK di OpenAI, l’innovazione è ancora più evidente. Grazie al Model Context Protocol, oggi adottato sia da OpenAI sia da Anthropic, le applicazioni possono integrare interfacce interattive direttamente nella chat mantenendo il pieno accesso ai propri sistemi backend. Questo non implica un’esperienza utente ridotta, ma anzi gli utenti interagiscono con la vera mappa di Zillow, il vero video player di Coursera o la vera tela di Figma, tutto in modo conversazionale e coerente con il contesto e l’obiettivo dell’interazione.

Ancora più interessante è che tutto questo avviene senza che l’utente debba pensarci. Zillow appare quando si parla di un trasferimento. Spotify si attiva quando si menziona una festa. Il carico cognitivo legato al “quale app devo aprire per questo?” scompare. Una forza lavoro abituata a questo modello rifiuterà il software enterprise che la costringe a tornare al vecchio paradigma fatto di moduli, menu e form da compilare in sequenze rigide.

Il divario tra le esperienze di intelligenza artificiale più consumer e gli strumenti enterprise aumenta ogni giorno. Mentre gli utenti più esperti possono usare Figma per trasformare uno schizzo in un diagramma o Coursera per apprendere durante una conversazione, i dipendenti di un’azienda continuano ad aggiornare manualmente le opportunità di vendita su Salesforce o a navigare in Workday per richiedere ferie. Spesso devono passare tra Concur, Slack ed e-mail per approvazioni di note spese.

Il linguaggio naturale non è più una funzionalità accessoria: sta diventando il metodo di interazione atteso. Come dimostrato dal fenomeno della “consumerizzazione dell’IT” seguito all’avvento dell’iPhone, i comportamenti dei consumatori anticipano le tendenze del software professionale. La storia si ripete.

Chi controllerà l’esperienza utente

Per le applicazioni enterprise, sorge spontanea una domanda: se in futuro gli utenti interagiranno ancora direttamente con le applicazioni aziendali o se, al contrario, strumenti come ChatGPT diventeranno l’intermediario. In questo nuovo scenario, i dipendenti non dovranno più chiedere di “aprire Salesforce e aggiornare un’opportunità”, ma potranno semplicemente dire di “aggiornare l’opportunità”, lasciando che sia l’AI a determinare quale sistema coinvolgere.

Le aziende che adotteranno per prime interfacce conversazionali e agentiche manterranno il controllo della relazione con gli utenti e dei dati. Chi resterà indietro rischia di essere relegato a semplice infrastruttura di backend (presente, ma invisibile) in un flusso di lavoro mediato da ChatGPT. La trasformazione dal modello “GUI-first” (Graphical User Interface first) a quello “conversation-first” è già in corso, con utenti reali e casi d’uso concreti. ChatGPT ha 800 milioni di utenti settimanali che stanno imparando, oggi, che il software dovrebbe funzionare come una conversazione, non come una navigazione. Stanno sperimentando applicazioni che appaiono quando servono, comprendono il contesto e agiscono in base all’obiettivo, non alle istruzioni.

Queste aspettative non resteranno confinate alla sfera personale. Le applicazioni enterprise hanno forse 18 mesi prima che questa diventi la nuova normalità. Ogni giorno in cui i dipendenti utilizzano la piattaforma di app di ChatGPT, la loro tolleranza alla complessità del software aziendale diminuisce. Già oggi si chiedono perché gli strumenti interni non possano funzionare allo stesso modo — e molti stanno già costruendo i propri flussi di lavoro agentici, spesso al di fuori dei vincoli di sicurezza aziendali.

Il futuro agentico è già arrivato. Le aspettative dei consumatori si stanno spostando, e le imprese devono anticipare questa evoluzione per non perdere la prossima grande trasformazione della user experience — e con essa, i propri dipendenti e clienti, che non hanno più la pazienza di navigare tra menu e cursori in interfacce ormai superate.

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