La società decide di trasferire negli stabilimenti vietnamiti le attività dell’unità di Treviso. 146 esuberi che potrebbero estendersi ad altre sedi del gruppo.
Sono ore decisive per Datalogic.
Alla fine della scorsa settimana, del tutto inaspettatamente, la società bolognese ha comunicato ai 95 dipendenti e ai 51 precari che prestano la loro opera nello stabilimento di Quinto, in provincia di Treviso, la decisione di chiudere l’unità di produzione per trasferire le attività in Vietnam, dove da due anni ha già uno stabilimento attivo.
Una decisione che non solo ha colto di sorpresa i dipendenti della sede centrale e delle filiali, ma che, secondo quanto riportato sia da Il Fatto Quotidiano sia da La Tribuna di Treviso, ha trovato impreparato anche il ministro del welfare Maurizio Sacconi, dal momento che la società ha sviluppato il proprio piano di delocalizzazione senza aprire lo stato di crisi.
Immediate le reazioni sindacali, anche perché il piano di delocalizzazione potrebbe toccare anche altre sedi della società, tranne la sede bolognese, portando gli esuberi nell’ordine delle 250 unità.
Un piano strategico che prescinde dalla solidità finanziaria dell’azienda, che resta indiscussa: solo lo scorso anno a Datalogic sono stati assegnati il premio
“Top Employers Italia 2010”, per la qualità nella gestione delle risorse umane, e il riconoscimento “Top Performer” del CRF Institute, con valutazioni di eccellenza nei settori “Formazione e sviluppo” e “Condizioni di lavoro”.
La questione è ora in mano ai sindacati, che in giornata dovrebbero incontrare la dirigenza della società.
La società non ha diramato alcuna nota ufficiale in merito, ma secondo fonti di stampa la scelta sarebbe legata ai nuovi equilibri economici. ”Datalogic fattura 90% all’estero – si legge su Il Fatto quotidiano – e ora deve produrre dove vende. L’Asia cresce e se l’azienda vuol competere con giganti come Motorola deve giocarsi bene le proprie carte. Treviso aveva una specificità che ora andrà distribuita negli altri stabilimenti”.





