Dall’It governance nasce il cambiamento

Ecco un Cio che è parte del processo di change management e che ha interiorizzato la missione di far diventare veramente globale la sua società. Lui è Mauro Viacava. La società è Barilla

Business intelligence? La facciamo semplice. Outsourcing? Solo per l’operation: il valore aggiunto lo teniamo in casa. Managerialità? Quella sì. Controllo dei progetti per cambiare i processi, per trasformare la società, per farle avere un respiro cosmopolita e un andamento allineato con la globalità del mercato su cui deve competere. Ne sono accadute di cose dal 1877, quando il signor Barilla apriva il primo negozio di pasta a Parma. Negli ultimi anni, poi, le metamorfosi del mercato hanno adottato meccanismi kafkiani, con conclamazioni dalla sera alla mattina. Un’azienda, per quanto solida e florida, deve saper leggere questi fenomeni. E un buon "lettore" è il Cio. Dall’inizio dello scorso anno Mauro Viacava è il Cio di Barilla Holding, società per azioni che controlla quattro subholding, ognuna con un suo responsabile It. Di una di queste, poi, il responsabile è Viacava stesso.


Per conformazione societaria, alcune attività avvengono nella holding come la gestione delle risorse umane, dei contratti globali, della rete geografica, così come a livello holding si attuano le politiche di It governance. La regola di Barilla è semplice, sta in una frase: l’Ict finalizzata alle esigenze di business.


"Rispetto al passato, ora abbiamo una focalizzazione più vicina al business aziendale – dice Viacava – impartita lo scorso anno, con l’attuazione di un piano di trasformazione aziendale focalizzato sul core di Barilla, che punta a riorganizzare la maniera di lavorare, disegnata su tutti i processi". In tal senso, il Cio di Barilla è un abilitatore del change management, "coordino e gestisco l’insieme dei progetti facenti parte del programma – dice con orgoglio Viacava -. L’ho già fatto oltretutto in Merloni e Pharmacia". Il piano di trasformazione di Barilla, dunque, è iniziato nel 2004 e dovrà terminare nel 2007. Dopodiché la società parmigiana avrà un nuovo backbone aziendale composto da organizzazione, processi e sistemi informativi avanzato e distintivo. E si tratta di una trasformazione in tempo reale, al passo coi tempi, pertanto difficile, anche per via dell’immancabile presenza di sistemi legacy. Esiste, dunque, un piano di transizione, che parte, come ortodossia vuole, dall’It governance. Si tratta di un capitolato redatto partendo dagli standard tecnologici che arriva sino ai progetti, dai costi previsionali alle verifiche.


In sostanza, fare e attuare l’It governance, vuol dire descrivere i processi, con il controllo dei progetti, degli investimenti e dei costi, a cascata. Si parte dalla holding, per poi passare alle subholding, fino alle sedi dei singoli paesi. "È un piano – spiega Viacava – che mi consente di dire, e soprattutto gestire, in qualsiasi momento quanto sto spendendo, anche perché esiste un portafoglio di progetti costantemente allineati agli obiettivi aziendali".


Per rimanere in linea con gli obiettivi, in Barilla si fa uso di sofisticati strumenti di controllo, allora? "No, usiamo un approccio pragmatico e semplice", afferma Viacava. Per capire come siamo lontani dal tema della Bi, basti pensare che, prima dell’ingresso di Viacava, il sistema di controllo dei dati di costo si chiamava Mastino. "Difficile da usare, un vero consumatore di energie. Ora invece ci siamo focalizzati sul processo nella sua interezza, non più sulle varie duplicazioni dei dati". L’ambito di raffronto, quindi, è quello dei sistemi legacy. "Generalmente li abbiamo su mainframe, ma sono dei sistemi custom. Sono stati sviluppati continuamente in un intervallo temporale di 17-18 anni. Sono stati utili, sia chiaro, però sono stati ideati con vecchi concetti di supporto al business. E, soprattutto con ottica italiana e non internazionale".


Il piano di Viacava, quindi, è di mettere processi standard in tutti i paesi, facendo parlare lo stesso linguaggio. "Attenzione, però, a dire solo la parola tecnologia – ammonisce Viacava -. C’è, esiste, serve, ma è scontata. Ci vuole, piuttosto, la capacità manageriale". Mangerialmente, allora, tenendo presente che il riferimento è comunque tecnologico, il Cio di Barilla gestisce globalmente 180 persone interne fra tutte le subholding, più un nucleo di risorse esterne. In outsourcing mette l’operation (cioè la gestione delle macchine e delle reti) e la programmazione software, "perché sono attività non produttive. Quelle a valore aggiunto non le delego. Il know how su come i processi sono calati nelle applicazioni non si tocca. Le altre operazioni è doveroso e conveniente terziarizzarle", specifica il manager.

L’unione fa la forza


Tecnologicamente, "lavoriamo in team, ho dei superesperti, conosciamo bene il mercato, i fornitori, le loro persone, l’andamento dei costi. E le scelte tecnologiche le facciamo noi", precisa Viacava.


Nel complesso, allora, quanto spende Barilla in tecnologia per il business? "Il sistema è complesso. Ci sono due momenti per decidere la spesa. Il primo è il processo di budget per progetti, redatto con una struttura di program management. Dall’amministratore delegato ricevo dei target percentuali, poi agisco in autonomia. Secondo momento: anche se si ha un budget autorizzato, non è detto che si possa spendere. Si fa il business case, si fissano i parametri, si valuta il progetto e si spende solo dopo l’approvazione. Se si oltrepassano i 10 milioni di euro, si va al comitato esecutivo".


A proposito di dirigenza, il Cio di Barilla siede nel Cda? "No, sono solo nel management team. Nella holding riporto al Cfo. Nella subholding riporto all’Ad".


I progetti di business in corso vanno su scala geografica di priorità, in cui prima viene l’Italia. Partono con un modello di business per i progetti globali, che poi vengono irradiati in Europa e in tutto il mondo. L’It è funzionale ovunque: Scm (planning, logistica, procurement), financing, vendite. Ogni progetto è guidato da un chairman, affiancato da un responsabile It di Barilla e da uno del system integrator, quando necessario. Al momento attuale, per Barilla, la missione è cambiare tutta la struttura distributiva italiana, con un progetto partito 10 mesi fa, che la metta in linea con le esigenze del mercato globale. Dopo il go live di novembre in due centri nazionali si partirà a gennaio con il resto di Italia e poi l’Europa. Sembra l’organizzazione di una missione su Marte, ma è la realtà di processo di un’azienda italiana che interpreta la tecnologia come funzionale al business. Attorno a questo approccio al cambiamento, di cui la tecnologia è motore, i temi dei dati, della loro conservazione, delle applicazioni che si usano, dei sistemi operativi, appaiono marginali.

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