Nel centro di ricerca vicino a Nizza la società sta studiando una serie di progetti che con l’It ottimizzano i processi legati alla catena logistica
Sulle colline alle spalle di Nizza, presso la sede che Ibm costruì all’incirca trent’anni fa a La Gaude, un migliaio di tecnici e ricercatori europei studiano e realizzano le soluzioni più innovative per i principali settori industriali. In particolare, largo spazio è dedicato alle innovazioni per l’ottimizzazione dei processi che interessano i retailer, i produttori di beni di consumo e in generale le varie fasi della supply chain. La pubblicità per prima si è accorta dell’estrema segmentazione dei consumatori moderni, e poi a ruota ci sono arrivati anche i produttori di beni di consumo. È un dato di fatto che si possa tracciare una mappa di ciò che interessa i clienti sulla base di informazioni quali il sesso, l’età, il grado di agiatezza, e persino gli orientamenti sessuali: la comunità gay è oggi una realtà concreta sul mercato, più ancora che in televisione o in politica. La novità degli ultimissimi anni è che i retailer, cioè i supermarket, le cooperative, gli ipermercati, in una parola i rivenditori, si sono a loro volta ingegnati per offrire al consumatore qualcosa di diverso dal solito percorso tra gli scaffali. Vere e proprie indagini sono state commissionate e i risultati ottenuti sono stati consegnati alle aziende incaricate di realizzare le innovazioni che oggi, e più facilmente nell’immediato futuro, troveremo nei supermercati quando andremo a fare la spesa.
Ibm è tra le principali aziende coinvolte in questo processo innovativo e creativo. Visitando il centro sperimentazioni di La Gaude, si trovano ricostruzioni particolareggiate dei vari ambienti interessati alle nuove soluzioni: dal piccolo supermarket, all’interno di magazzini di un produttore e di un rivenditore virtuale, per osservare le nuove applicazioni della supply chain.
Un mercato che cambia
Stando a quanto affermato da Stéphane Dubois, Retail and Consumer Product Industry Leader per la zona South West Europe di Ibm, dalle indagini risultano molto chiare alcune inversioni di tendenza che devono essere attuate dai rivenditori che vogliono sopravvivere sul mercato. Senza dubbio è essenziale che vi sia una capacità pervasiva almeno per un prodotto o per una linea di prodotti specifici. Un tipico esempio mutuato dal mercato italiano esportato nel mondo è quello di Gucci: tutti sanno che si tratta di lifestyle. Di grande importanza è avere chiaro che cosa il cliente vuole trovare quando si reca in uno dei propri negozi, e non solo per quanto riguarda la merce. Va da sé che un certo tipo di clientela femminile (e non solo) ha apprezzato molto questo sforzo, per cui viene subito fidelizzata. Gli investimenti nell’It sono vitali in quanto senza gli strumenti adatti all’analisi della crescita del proprio business difficilmente si può capire verso dove si vuole andare; tutto ciò che è Business intelligence ci insegna che l’elaborazione delle informazioni è fondamentale. Infine, l’esperienza di questi ultimi anni conferma che l’interazione con Internet può dare risultati mirabolanti. Ma i clienti non sono interessati a trovare sul sito lo stesso identico negozio che esiste nella realtà, e nemmeno a potere acquistare direttamente via Internet: l’eCommerce in Italia ha molte potenzialità, ma ancora non ha avuto il successo sperato. Quel che interessa al cliente, però, è trovare le informazioni utili a fare una scelta. Dopo di che si reca nel punto vendita più vicino e, avendo già ordinato dal sito, acquistano la merce ancor più velocemente che tramite corriere (se la catena di approvvigionamento del negozio funziona a dovere).
Per produttori di beni di consumo, invece, uno studio effettuato intervistando ben 765 Ceo di tutto il mondo, ha riportato alcune interessanti criticità e le relative proposte per la loro risoluzione. Contro la diffusa copia dei prodotti, anche di quelli Doc, può funzionare solo l’accelerazione del processo di innovazione. Molti produttori, poi, non sono soddisfatti del rapporto con i rivenditori che spesso falliscono nell’allestire i punti vendita in modo tale da interessare un certo tipo di clienti. Per non parlare, poi, del gap tecnologico che spesso sussiste tra produttore e retailer e che provoca rallentamenti in tutte le fasi della Supply chain; qui viene in aiuto l’adeguamento del proprio assetto tecnologico e informatico, oppure, se il problema è sul lato rivenditore, può forse valere la pena sostituirlo. Non ultimo, è risultato chiaro che, visti i tempi e l’impossibilità di permettersi alcuno spreco, è necessario concentrarsi su ciò che è il proprio core-business, dando in gestione a terzi tutti gli aspetti in cui non si è in grado di ottenere il massimo. Dalla gestione delle risorse umane all’It. Tanto di guadagnato, poi, se i proventi da questi risparmi vengono utilizzati per nuovi investimenti specifici sulla produzione.
In questo scenario, Ibm si focalizza sia su alcune fasi della catena di approvvigionamento e vendita sia su tutto ciò che riguarda l’integrazione delle risorse It, esistenti o nuove che siano. Da una parte, quindi, fornisce il proprio know how tecnologico declinandolo per le esigenze dei punti vendita, sulla base della categoria e del settore. Nel merchandising e nella supply chain, sviluppa procedure che permettono la verifica delle varie fasi praticamente in tempo reale: cosa c’è in magazzino, dove si trova una specifica merce, a che punto è la spedizione, il tracking dei colli, e via dicendo. Dall’altra, implementa e supporta l’azienda con il proprio bagaglio di soluzioni middleware, caratterizzato da architetture Soa (Service oriented architecture), dai prodotti di Business intelligence e dalla centralizzazione delle informazioni per una migliore elaborazione.





