Ma le buone notizie finiscono qui. Stando al Rapporto 2002 di Federcomin, Anasin e Assinform su Occupazione e Formazione, il livello delle competenze non entusiasma
13 dicembre 2002 Che l’impatto dell’Information & Communication Technology continui a manifestarsi presso tutto il tessuto economico industriale italiano è un’evidenza sotto gli occhi di tutti. Basti pensare che, secondo i dati pubblicati nel Rapporto 2002 Federcomin, Anasin e Assinform su Occupazione e Formazione nell’Ict, dal 2001 a oggi le imprese del settore sono passate da 77mila a 79mila, registrando una crescita del 2,6%. La spinta maggiore, ancora una volta, giunge dal settore delle telecomunicazioni – +6,8% nel 2002, rispetto al +11% del 2001 e al +8,8% del 2000 – e dalle aziende di software e servizi.
Strettamente correlata alla crescita delle imprese nell’Ict è, poi, l’aumento del numero degli occupati del settore. Stando ai dati pubblicati nella ricerca realizzata con la partecipazione di Aiip, Assocertificatori, Fedoweb, Frt e la collaborazione scientifica della Facoltà di Scienze Statistiche dell’Università di Milano Bicocca, Unioncamere e Net Consulting, nel 2002, in Italia, con 598mila addetti totali, il settore delle aziende Ict hanno rappresentato circa il 2,9% degli occupati complessivi. Rispetto alla crescita del 3,4% di due anni fa, quella riportata per quest’anno è in linea con quanto registrato alla fine del 2001 e conferma il ruolo trainante della piccola impresa di casa nostra, presso la quale l’incremento è stato dell’8%, rispetto all’1,7% riscontrato nelle aziende di grandi dimensioni.
A ben guardare, però, la schiera del numero di addetti totali è ben più nutrita. Basti pensare che, in senso stretto, sono circa un milione gli addetti impiegati presso aziende utenti o fornitrici e 1,7 milioni gli occupati con competenze Ict presso il settore utenti.
Ma come ha avuto modo di evidenziare Giancarlo Capitani, amministratore delegato di NetConsulting, nonostante l’effetto dot.com non abbia inficiato sui tassi di crescita del numero delle imprese del settore in Italia, quella che ci si para dinanzi è una realtà ben diversa rispetto a Europa e resto del mondo.
«Nel nostro Paese – sottolinea Capitani – prolifera una patologia d’imprese di più ridotte dimensioni, che fattura meno rispetto ai competitor, dedica minori risorse alla Ricerca & Sviluppo ed è caratterizzata da una presenza estremamente locale».
In una siffatta realtà la spina nel fianco, ancora una volta, è lo scarso tasso di formazione. Perché, se è vero che il mercato dell’Information & Communication Technology rigenera e ricolloca le
sue figure professionali più competenti, è anche vero che senza un piano di
formazione continua il problema da affrontare nel nostro Paese non è più quello
dello skillshortage, ma dello skillgap.





