Nel giro di tre anni, ChatGPT è passato dal debutto pubblico con 1 milione di utenti registrati nel dicembre 2022 a una base che, a fine luglio 2025, conta oltre 700 milioni di utenti settimanali attivi. L’incremento non è stato lineare: già dopo dodici mesi erano oltre 100 milioni, dopo due anni 350 milioni. Ma è nell’ultimo anno che l’uso è letteralmente esploso: da luglio 2024 a luglio 2025, i volumi di messaggi sono cresciuti di oltre cinque volte, arrivando a 2,5 miliardi di interazioni giornaliere, ossia quasi 29.000 messaggi al secondo.
Questi numeri descrivono un salto di scala che segna la transizione dall’AI come novità curiosa a tecnologia infrastrutturale: oggi per centinaia di milioni di persone il modello è una presenza fissa, comparabile a e-mail o motori di ricerca e sono alla base dello studio How People Use ChatGPT, pubblicato come working paper dal National Bureau of Economic Research (NBER) e firmato dal team di ricerca economica di OpenAI insieme all’economista di Harvard David Deming, si basa su un’analisi su larga scala – con approccio privacy-preserving – di 1,5 milioni di conversazioni, per tracciare come l’utilizzo da parte dei consumatori sia evoluto nei tre anni successivi al lancio di ChatGPT.
Considerata l’ampiezza del campione e gli oltre 700 milioni di utenti attivi a settimana, si tratta della più completa indagine mai realizzata sull’uso reale dell’intelligenza artificiale da parte del pubblico.
Pur concentrandosi esclusivamente sui piani consumer, i risultati mettono in evidenza come la tecnologia generi valore economico non solo nell’ambito professionale, ma anche al di fuori del contesto lavorativo.
Lavoro e non-lavoro: come cambia il bilanciamento
L’analisi del traffico rivela una dinamica inattesa. Tra giugno 2024 e giugno 2025 i messaggi totali sono passati da 451 milioni a 2,6 miliardi al giorno. Ma la distribuzione per finalità si è ribaltata: se a metà 2024 il 47% dei messaggi era legato al lavoro e il 53% a contesti non professionali, un anno dopo la proporzione è 27% lavoro e 73% non-lavoro.
Questo significa che, nonostante la crescita anche in ambito aziendale (716 milioni di messaggi/giorno a giugno 2025 contro i 213 milioni di un anno prima), il ritmo di adozione maggiore è fuori dall’ufficio. Un fenomeno che testimonia la capacità di ChatGPT di radicarsi nelle abitudini personali: dal supporto allo studio alla scrittura di testi creativi, fino all’uso come motore di conversazione per informarsi o divertirsi.
I tre grandi “topic”: scrittura, consulenza, informazione
Guardando ai contenuti delle conversazioni, tre categorie coprono quasi l’80% dell’uso complessivo: Practical Guidance (consigli pratici e operativi), Writing (scrittura e revisione), Seeking Information (ricerca e sintesi di conoscenze).

Tra queste, la scrittura è il vero motore dell’uso professionale: tra il 40% e il 42% delle conversazioni di lavoro riguarda il “Writing”. Ma non si tratta tanto di generare testi da zero: circa due terzi dei messaggi in questa categoria servono a migliorare, tradurre o rielaborare contenuti forniti dall’utente.
È una dinamica interessante perché smentisce l’immagine di ChatGPT come “macchina che scrive tutto”: in realtà il valore percepito sta nell’editing intelligente, cioè nel trasformare materiale grezzo in testi meglio strutturati, coerenti e adatti al contesto.
Gli intenti: Asking, Doing, Expressing
Per andare oltre gli argomenti, il report introduce una tassonomia basata sull’intento dell’utente: Asking: cercare informazioni, spiegazioni, consigli; Doing: chiedere output pronti all’uso, come email, codice, tabelle ed Expressing: auto-esprimersi, spesso in chiave creativa o personale.
Sulla totalità delle interazioni nel periodo osservato, la media è: 49% Asking, 40% Doing, 11% Expressing. Ma la tendenza è dinamica: a metà 2024 Asking e Doing erano quasi equivalenti; a fine giugno 2025 Asking è salito al 51,6%, Doing è sceso al 34,6%, Expressing è cresciuto fino al 13,8%.
Il dato più significativo riguarda l’ambito professionale: nelle conversazioni di lavoro domina il “Doing” (≈56%), seguito da Asking (≈35%) ed Expressing (≈9%). In pratica, quando si usa ChatGPT per attività lavorative, lo si fa soprattutto per ottenere output direttamente utilizzabili, non solo per farsi spiegare concetti.
Le attività lavorative secondo O*NET
Un contributo originale del report è la mappatura delle interazioni alle Generalized Work Activities (GWA), una delle classificazioni fondamentali usate da O*NET (Occupational Information Network), il database del Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti che raccoglie e struttura informazioni dettagliate su migliaia di professioni. Le GWA descrivono le attività lavorative di carattere generale, comuni a molte occupazioni diverse, che rappresentano i compiti di base svolti dai lavoratori indipendentemente dal settore o dal ruolo specifico. Non sono quindi mansioni puntuali o specifiche, ma macro-categorie di attività che si ritrovano trasversalmente nei diversi lavori.
Questa mappatura permette di osservare come l’AI si innesti nelle pratiche lavorative concrete.
Risultato: il 45,2% dei messaggi complessivi si concentra su tre attività legate all’informazione:
- Getting Information (19,3%),
- Interpreting Meaning for Others (13,1%),
- Documenting and Recording (12,8%).
Seguono Providing Advice (9,2%), Thinking Creatively (9,1%), Making Decisions and Solving Problems (8,5%) e Working with Computers (4,9%). Insieme, queste sette aree coprono oltre tre quarti di tutto l’uso (76,9%).
Se si guarda solo al sottoinsieme di messaggi work-related, emergono priorità diverse: al primo posto resta Documenting/Recording (13,2%), seguita da Decision-making (10,6%), Creatività (9,3%) e Lavoro con i computer (7,7%). Qui l’AI diventa strumento per produrre, formalizzare e condividere informazioni in ambienti organizzativi.
Differenze per professione
Non tutte le categorie professionali usano ChatGPT allo stesso modo. Nei settori a più alta specializzazione l’adozione per lavoro è superiore: 57% tra gli occupati in ambiti informatici, 50% nel management e business, 48% in ingegneria e scienze. Nei ruoli meno qualificati, la quota scende al 40%.
Anche l’intento varia: i professionisti IT usano più “Asking” (47%) rispetto ai non-professional (32%), a conferma che lo strumento viene sfruttato come fonte di supporto e chiarimento tecnico.
Quanto ai topic, in management/business prevale nettamente la scrittura (52% delle chat di lavoro), mentre in informatica spiccano le richieste di supporto tecnico (37%).
Chi sono gli utenti: genere, età, geografia
La fotografia demografica mostra un paesaggio in evoluzione. Nel 2025 si è raggiunta una parità di genere tra gli utenti attivi settimanali, con una leggera prevalenza femminile.
Per età, quasi la metà dei messaggi (46%) proviene da utenti tra i 18 e i 25 anni, ma la quota di conversazioni di lavoro cresce con l’età: tra i 36–45enni la percentuale di messaggi professionali è molto più alta che tra gli under 25. Un’eccezione: tra gli over 66 solo il 16% dei messaggi è legato al lavoro.
Infine, la diffusione è sempre più globale: nell’ultimo anno la crescita più rapida è stata registrata nei Paesi a reddito medio-basso, segno che l’AI non è più appannaggio esclusivo delle economie avanzate.
Qualità e soddisfazione
Le interazioni classificate come “Asking” sono valutate dagli stessi utenti di qualità superiore rispetto alle altre. Non solo: i modelli di classificazione interna indicano che proprio le richieste di informazione e consulenza sono quelle con la maggiore probabilità di generare soddisfazione. È un dato importante: ChatGPT è percepito come co-pilota informativo più che come produttore di output finale.
L’immagine che emerge non è quella di un’AI “onnipotente”, ma di uno strumento che si è guadagnato un ruolo chiaro: un assistente cognitivo multiuso.
Nella sfera personale domina la curiosità, la scrittura informale, l’apprendimento. In quella professionale il focus è sulla scrittura di qualità, sulla rielaborazione di contenuti e sul supporto alle decisioni. L’uso cresce in tutti i segmenti demografici e geografici, e le differenze tra categorie professionali mostrano una progressiva integrazione dell’AI nelle routine di lavoro.
Il dato più netto è che la maggioranza assoluta delle interazioni (73%) è ormai non-lavorativa: ChatGPT si è affermato non solo come strumento di produttività, ma come compagno digitale quotidiano. Un passaggio culturale che segna l’ingresso dell’AI non più come eccezione, ma come parte ordinaria della vita online.






