Digital democracy: oltre l’opportunità, il rischio.
13 maggio 2004 Maggio 1974. Quando di pomeriggio aspettavi
l’inizio delle trasmissioni Rai, di questo periodo, era perche’ volevi vedere il
giro d’Italia.
Ripreso a mano, da tortuosi cineoperatori su strade tortuose.
Immagini mosse
Un giro parlato, raccontato.
Immaginato e vissuto con la
mente.
Un giro bellissimo. Che ti ha anche dato fastidio che poi hanno messo
una telecamera sull’elicottero, a violare il segreto del gruppo, a scandagliare
l’intimo della tattica di gara, ad ammazzare l’epica dell’atleta.
Ma poi ci
hai fatto l’abitudine.
E soprattutto ti puoi chiedere, oggi, che ne è di
Domingo Perurena (privilegio mica da tutti chiederselo), sperando magari di non
avere risposte, per continuare a immaginare.
Maggio 2004. Per avere risposte
su che ne è di Nick Berg è sufficiente collegarsi a Internet.
Per scoprire
che è finito come San Giovanni.
Lui si che non facevi fatica a immaginarti
che fine avrebbe fatto recandosi in un posto rischioso.
Niente: te l’hanno
fatto vedere comunque.
Così come ti hanno fatto vedere come in un posto
chiamato AbuGhraib l’uomo abbia deciso di documentare se stesso nella propria
accezione peggiore.
Così come ti hanno fatto vedere cosa sono i resti di un
manipolo di uomini passati in una Striscia.
Il progresso tecnologico.
Dobbiamo dirgli grazie: Web, Tcp/Ip, fotografia digitale, videocamere
digitali, connettori Usb perché l’upload di filmati non sia una impresa negata a
nessuno.
Digital democracy.
Sono passati 30 anni.
Come eravamo.
Chi dice meglio, sbaglia.
Però possiamo averne nostalgia?





