Collaborazione digitale, è presto per noi

Tanti ci pensano (84%), ma pochi la fanno (13%): la digital collaboration in Italia è ancora in bacino di carenaggio. Il problema è anche il top management: solo il 3% la governa.

Avanade ha commissionato a Coleman Parkes uno studio europeo per capire il grado di adozione di soluzioni di digital collaboration nelle aziende.

Il 32% delle aziende italiane che hanno partecipato all’indagine ha dichiarato di possedere una strategia di collaborazione documentata, anche se totalmente implementata solo nel 13% dei casi. Il dato risulta inferiore rispetto ad altri paesi, come Austria, Germania, Svizzera (34%), e Spagna (23%). Inoltre, il 22% delle società italiane ha anche ammesso di non aver ancora definito nessuna attività di collaborazione.

Per la maggior parte delle aziende italiane, la digital collaboration è fatta da strumenti come e-mail (100%), intranet (94%), video conferenze (88%) e servizi condivisi (81%).

In generale, le nostre aziende si dimostrano poco propense a condividere le informazioni, perchè ritenute dati sensibili. Nonostante ciò, solo il 9% considera rilevante lo scambio d’informazioni con la supply chain, contro il 46% delle aziende in Nord America e il 44% nel Regno Unito.

Anche lo scambio di dati con i clienti è ritenuto considerevole solo dal 6% delle aziende italiane contro il 54% di quelle austriache, tedesche e svizzere, il 51% di quelle americane e il 47% di quelle inglesi.

Lo stesso risultato emerge nella condivisione di notizie con terze parti, dove solo il 9% delle imprese italiane valuta lo scambio di informazioni come molto sensibile, mentre un altro 31%, percentuale in assoluto più alta rispetto agli altri Paesi, non lo considera affatto come tale.

Anche in Italia la gestione delle attività di digital collaboration è di competenza dell’area It. Tuttavia, capita che tale gestione sia svolta insieme ad un’altra area aziendale: il 44% delle aziende la attribuisce anche al settore delle telecomunicazioni. In ogni caso, la tendenza di accentrare le attività legate alla gestione della collaborazione digitale è da considerarsi inferiore rispetto a quanto avviene negli altri paesi.

Il fatto rivela che in Italia i dirigenti non sono coinvolti in prima persona in tale attività, ossia che questa non è considerata come strategica.

La situazione è confermata anche dal 53% delle società italiane coinvolte nell’inchiesta, affermando che la persona che detiene la responsabilità gestionale della digital collaboration ricopre un ruolo di rilievo, ma solo nel 3% dei casi fa parte nel top management aziendale.

Inoltre, l’87% di implementazioni di soluzioni di collaborazione sono gestite a livello di progetto. Il dato prova che in Italia la collaborazione è stata gestita in base alle aree aziendali e non come un’unica attività strategica per tutta l’organizzazione.

Un elemento rilevante rispetto agli altri Paesi è stato registrato in termini di impegno verso l’integrazione di queste tecnologie. Tanti sono i progetti pianificati per i prossimi due anni, molti dei quali si focalizzano sulla rete (81%), sulle e-mail (69%) e il VoIp (69%).

Inoltre, oltre la metà delle aziende italiane darà maggiore spazio all’instant messaging (56%), al live meeting (56%) ed ai portali (56%).

Sono diversi i fattori che spingerebbero le aziende italiane ad utilizzare tecnologie di lavoro collaborative: per il 91% sono una maggiore flessibilità sul posto di lavoro e una più elevata velocità di comunicazione. Seguono fattori quali un migliore controllo dei processi, una maggiore sicurezza in termini di collaborazione e di condivisione delle informazioni.

In sintesi, l’84% delle aziende in Italia è del parere che la digital collaboration debba necessariamente essere estesa a tutte le aree aziendali, così da consentire alle società di essere più efficienti e produttive.

Il 31% delle aziende, dato più alto in assoluto rispetto agli altri paesi, esprimono la necessità di affidarsi a un partner per gestire la digital collaboration in quanto non possiedono le competenze richieste. Un altro 44%, seppure abbia le giuste competenze, vorrebbe appoggiarsi comunque a terze parti.

Sull’altro lato della medaglia, la sicurezza dei dati (75%), la mancanza di integrazione (63%) e i costi tecnologici (63%) sono le principali fonti di diffidenza rispetto alla digital collaboration.

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