Che effetto fa essere al centro dell’attenzione in quanto proprietari di un techno-gizmo? Dal macchinone all’orologione siamo via via passati al paddone. Che acchiappa. Ma serve?
Trovandomi negli States per lavoro mi sono imbattuto nel fenomeno dell’iPad. Io per ora sto con quelli che non lo vedono destinato ad ampia diffusione, ma lo ritengo essenzialmente un fenomeno di marketing mediatico, quindi ho sfruttato l’occasione.
Nel giorno in cui veniva annunciato al mondo il raggiungimento del milionesimo pezzo venduto, infatti, ero con due nuovi amici in un Apple Store e dopo un breve ed entusiastico test hanno acquistato un iPad wifi ciascuno, un 32GB e un 16 GB. Uno di loro, che per il piglio deciso chiamerò Enrico (nome tedesco che indica chi è “potente in patria”), aveva già ordinato un modello 3G con wifi, che lo avrebbe raggiunto in albergo; ma essendo andato al locale Apple Store non ha resistito all’acquisto ed ha preso anche un modello wifi senza 3G.
Il negozio era pieno di gente: una ventina di dispositivi di vario tipo erano sempre nelle mani degli appassionati, ed alcuni di loro rivolgevano domande al cordialissimo personale. Enrico è un uomo deciso, volitivo, informato e preciso, ma davanti all’iPad ha perso il controllo: iniziato prima a strappargli l’abito, pardon la plastica, in maniera convulsa, poi ha preso un’aria da fumatore di oppio.
Analogamente faceva l’altro amico, che essendo appassionato di vita in campagna chiamerò Fabio.
Ma non è dei miei amici che è il caso di parlare, piuttosto degli altri. In qualsiasi ambiente ci trovassimo, lavorativo o ricreativo che fosse, l’argomento si spostava automaticamente sulle mirabolanti tavolette.
Al ristorante, la cameriera continuava riempirci la tazza di caffé per aver modo di avvicinarsi, subito seguita da un collega più intraprendente, pronto a far domande.
Nelle sale dell’evento che tutti e tre seguivamo, insieme ad altri visitatori prevalentemente nella fascia d’età tra 35 e 50 anni, il bisbiglio dei vicini rendeva impossibile seguire l’evento. Finite le sessioni tecniche sull’evento, le pause di relax venivano sostituite da altre sessioni tecniche sull’iPad rivolte ai curiosi, non senza qualche sospiro d’info-illetterate donne di mezz’età ormai rassegnate a non averlo perché non avrebbero saputo che farne.
Alcuni momenti venivano dedicati all’autoaggiornamento, veri e propri rave party a due nei quali con mosse orgiastico-laoocontiche ci si lanciava contro apps rotanti e doppie e-mail perforanti per aggiornarsi sulle rispettive scoperte.
La scena più bella s’è verificata nell’ascensore.
Entriamo in cinque, noi tre e due altre persone, con un iPad nelle mani di Enrico.
Uno degli altri due manifesta immediato interesse per il diabolico dispositivo, dispensando ammirazione per il legittimo proprietario.
Il quinto s’innervosisce e agitandosi tira fuori dallo zaino un suo iPad: con voce alterata lancia frasi astiose come “Ce l’ho anch’io, uhu?”.
Questi sono solo alcuni degli episodi che si sono verificati. La realtà è che Enrico e Fabio si trovano benissimo.
Io confesso di non vedermici per niente con quel coso tra le mani.
Confesso anche che le apps che m’hanno fatto vedere sono generalmente pensate molto bene, in modo innovativo ed adatto al nuovo dispositivo. Confesso che il browser è molto veloce e confermo che l’accensione è rapida, la tastiera è precisa e lo schermo è eccezionale.
Penso anche che il PC a casa sia stato un incidente di percorso e che siamo in attesa d’un nuovo dispositivo, che faccia tesoro della lezione degli smartphone e dei videogiochi.
Non so se il concetto di pad sarà la risposta prevalente, ma sono piuttosto scettico: riparliamone tra 12-18 mesi.





