Business e Ict Un corpo e un’anima sola

Due sfere diverse dell’essere azienda che devono tendere a una maggiore integrazione per far crescere le competenze manageriali, strategiche, di governance e gestione tecnologica

Management e gestione delle tecnologie, tecnicismo e imprenditorialità. Questi gli aspetti che devono caratterizzare un moderno Cio, al timone di un’Ict che deve permeare processi, prodotti e servizi. Un profilo che è cambiato e che assurge a un ruolo sempre più di business, in un crogiuolo di metodologie accurate, innovazione culturale e globalizzazione. Il responsabile dei sistemi informativi sta cambiando pelle, abbandonando il modello dei "padri fondatori" che hanno dato vita "al miracolo economico" per passare a un nuovo modo di pensare, che unisce competenze informatiche e strategiche.


L’allineamento di Ict e business diventa, quindi, il filo conduttore che deve rendere l’Edp manager un vero e proprio driver per il futuro. Si tratta di un’esigenza ormai chiara ai Cio stessi, come emerso dalle parole di Arrigo Andreoni, chairman It governance Ssc (consorzio formato da Pirelli e Telecom Italia) che, durante un recente incontro organizzato dal Mip (Politecnico di Milano), ha sottolineato come l’innovazione debba "prima di tutto essere di business, senza cadere nel tranello della genericità. Il Cio, infatti, non deve essere esclusivamente un buon manager, ma comprendere esattamente la tecnologia come momento a supporto delle strategie aziendali".


La nuova veste del responsabile It deve, quindi, mantenere un alto livello di alfabetizzazione informatica, base necessaria per far emergere sul mercato idee di business interessanti. Conoscere e capire la tecnologia, saperla usare e sfruttare in modo consapevole, non solo in ottica di risparmio, costituiscono una leva strategica. Servono manager a tutto tondo, capaci di gestire persone, fenomeni finanziari e progetti di business. Ne è certo anche Alessandro Bufacchi, Cio di Enel, che, nel ripercorrere le tappe della liberalizzazione dell’energia, ha spiegato come "per gestire ottocento progetti all’anno sono necessarie forti capacità manageriali". D’accordo in linea di principio è anche Gianluigi Castelli, global It director Gruppo Vodafone, che ha gettato un pizzico di pepe sul profilo del Chief information officier italiano il quale, a suo parere, ha una minore capacità di leadership rispetto agli omologhi anglosassoni o germanici: "Nei paesi mediterranei e in quelli a cultura latina, i Cio sono in grado di far funzionare l’azienda ai giusti costi ma raramente detengono le chiavi per modificare l’andamento strategico. I colleghi inglesi e tedeschi sono, invece, in grado di compiere scelte più radicali e apprezzano maggiormente le competenze tecniche". Una voce in controtendenza, quindi? No, semplicemente un’indicazione di come l’innovazione tecnologica di per sé sia irrilevante se non posta in modo funzionale al business e un monito sul rischio che sull’onda della metamorfosi si creino figure ibride, senza un sufficiente bagaglio tecnico e, al contempo, incapaci di assumersi responsabilità in direzione del cambiamento.

Il bilanciamento del ruolo


Sono le persone che devono cogliere l’importanza di creare "un vero e proprio incrocio di competenze professionali", ha ripreso Andreoni, a cui ha fatto eco Ugo Pavanello direttore generale di Sia, confermando la necessità di un minimo comune denominatore che permetta di sviluppare negli Edp manager la capacità di negoziazione. Al contempo, anche il management deve infarcirsi di Ict, ma non solo in azienda. "Il processo deve riguardare anche le istituzioni e la politica, non solo l’industria – si è rammaricato Federico Barilli, direttore di Assinform -. La voglia di innovare deve essere aiutata dall’alto".

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