Digitale terrestre ovunque e comunque. La logica delle idee contro la logica della pubblicità.
Accidenti al digitale terrestre.
Si, lo diciamo senza remore e con un
gusto anche dissacratorio che ci pertiene.
Non tanto noi come comunicatori,
ma noi come esseri umani che di fronte alle evoluzioni imposte o obtorte abbiamo
un sano istinto conservatore (era venuto fuori “santo”, e ci stava pure).
Il
sistema di fruizione televisiva ci punta il dito contro e ci spinge al digitale.
Che sia puro, etereo (era venuto fuori “etero” e ci stava pure), o terrestre.
L’importante è esagerare.
Ovunque si parla di tv digitale.
Arriva
puntuale anche la newsletter di Smau a ricordarti che mezzo milione di persone
in Italia ha acquistato il decoder, sia quello che permette di ricevere il
segnale, sia quello che realizza la piena interattività, cioè che ti dà la
straordinaria opportunità di fruire dei servizi interattivi (banca, scommesse,
quiz, giochi: tutta roba da Trimalcione).
Ci attende un futuro da
biscazzieri, insomma, divisi fra trasmissioni le più improbabili, e in preda al
demone del gioco.
E l’ironia della sorte è data dal fatto che se vorremo
vedere, rivedere, far vedere, trasmissioni quali Buonanotte Elvezia, della
Televisione Svizzera Italiana, saremo obbligati a passare al digitale. Pare,
infatti, che nell’orrida dinamica di quell’orrido che è il contesto dei diritti
televisivi su suolo patrio, Roma intenda negare a Berna (sede della televisione
svizzera) il diritto di arrivare sul suolo patrio con il proprio segnale in
analogico.
Il tutto in barba al principio di reciprocità: gli svizzeri, e
non solo i ticinesi, vedono Rai, Mediaset e quant’altro (private locali, di area
insubrica), cuccandosi pure la pubblicità.
Ora è chiaro che qui c’è qualcosa
che non va, e che osta pure il principio costituzionale della libertà di
circolazione delle idee.
Si perché dalla Tsi arrivano idee.
Noi diamo
pubblicità, loro ci danno idee.
Non va bene, dicunt: le idee, se le vuoi, te
le devi conquistare fra una scommessa e un giochino scaricato tramite decoder,
se ancora hai voglia di averle.
E’ anche così che ci fanno rimpiangere
persone come Grytzko Mascioni, ideatore di quel programma (nel 1976, allora non
si chiamavano ancora serial, né fiction, ma era quella roba lì) che narrava le
vicende di una ragazza svizzera sulle orme di Goethe alla scoperta dell’Italia
accompagnata dall’immancabile paisà (un Gianni Cajafa nel pieno del proprio
fulgore artistico).
Di sicuro quell’Italia che ci piaceva e che non c’è più.
Mascioni e Cajafa non ci sono più.
Ma forse non ci saremo più nemmeno noi,
se non altro come spettatori in grado di essere chiamati tali.
Si accettano
scommesse (tramite decoder digitale terrestre).





