Il consiglio degli azionisti della Bull ha respinto la candidatura della finanziaria Walter Butler come nuovo partner industriale, ponendo fine a un ristrutturazione di capitale che oggi vede Nec, Motorola, France Telecom e Stato francese detenere cias …
Il consiglio degli azionisti della Bull ha respinto la candidatura della
finanziaria Walter Butler come nuovo partner industriale, ponendo fine a un
ristrutturazione di capitale che oggi vede Nec, Motorola, France Telecom e
Stato francese detenere ciascuno un po’ più del 17% del capitale della cas
a
transalpina. Proprio lo Stato avrebbe voluto disimpegnarsi e, pertanto,
aveva caldeggiato l’ingresso di Walter Butler. Invece, la candidatura è
stata respinta per tre motivi, ovvero la modestia dell’investimento
proposto (un miliardo di franchi), il numero di poltrone richieste nel
consigli d’amministrazione (cinque) e, soprattutto, il fatto che la
finanziaria aveva legato ilproprio investimento alla capacità di Bull di
risolvere i propri debiti. Anche se il gruppo transalpino ha dichiarato che
non avrebbe avuto alcun problema a provvedere in tal senso, in realtà la
situazione vede una certa impasse. Da un lato, infatti, è stato rifiutato
un investitore che si era comunque impegnato a mantenere l’integrità del
gruppo e avrebbe apportato denaro fresco. Dall’altro, nessuno dei
proprietari di maggioranza ha intenzione di mettere mano al portafoglio,
nel momento in cui l’azienda avrebbe bisogno di accelerare.
La soluzione, nel breve periodo, sarà quella di vendere attività
considerate non strategiche, come, ad esempio, le unità di fabbricazione d
i
componenti elettroniche e la parte dedicata all’automazione bancaria, che
si stima possano portare una cifra fra uno e due miliardi di franchi, in
modo tale da assicurare la continuità almeno fino al 2000. Quanto al
software (soprattutto Ism) e alle carte a microprocessore, il gruppo si è
limitato a dire di essere alla ricerca di partner, senza addentrarsi
maggiormente nel campo. E più in là nel tempo? Qui, per ora, non si hann
o
risposte, ma qualche indiscrezione ha lasciato intendere l’eventualità di
una cessione (o chiusura) anche di qualche filiale all’estero. E l’Italia
potrebbe rientrare in questo novero.