Attenzione alla Fiat: in questa crisi rischia grosso anche l’indotto It

Molte aziende dell’indotto Fiat sono ferme in termini di investimenti e in termini di rinnovo dei processi It. E sedovesse prendere corpo l’ipotesi di un passaggio Fiat al 100% nelle mani di General Motors porterebbe in Italia i fornitori di servizi Cad del colosso statunitense

20 gennaio 2003 Henry Ford negli Anni d’oro per
la nascente industria automobilistica amava ripetere che “il bene della Ford
è bene per gli Stati Uniti
“. Negli Anni Cinquanta e Sessanta in Italia si è
tentato di italianizzare questo slogan coniando un più nostrano “ciò che è
buono per la Fiat è buono per l’Italia
“.
In quegli anni era lecito
pensare a un’assimilazione tra la più grande industria privata del nostro Paese
e il Paese stesso.
La Fiat incarnava il Miracolo Economico,
la crescita e il riscatto dell’Italia e dunque le decisioni che portavano al
bene dell’azienda potevano condurre anche al bene per il Paese.
Gli anni
Sessanta sono lontani e la Fiat dei nostri giorni incarna ben altre immagini. E
quello slogan, che un tempo era interpretato in chiave esclusivamente positiva,
adesso invece aleggia come un’ombra che oscura la nostra economia.
Sembra
cioè che quel messaggio venga riletto in un “ciò che è male per la Fiat è male
per l’economia”.
Ma cosa c’entra tutto questo con il trade
informatico
?
C’entra eccome. Dopo la grande crisi degli anni 70 a
Torino non hanno più interrotto quel processo di esternalizzazione delle
attività non-core e hanno ridotto in modo drammatico l’impegno diretto in
moltissime aree.
Proporzionalmente sono aumentate le occasioni di business
per tutte le aziende dell’indotto che sono cresciute sia numericamente che
dimensionalmente.
E oggi la vera crisi della Fiat è la crisi
dell’indotto
e del business generato dall’indotto.
In
questo contesto l’It e le Tlc rischiano molto
. Molte aziende di
sviluppo impegnate nel settore automobilistico sono in stato di allarme, in
particolar modo poi quelle specializzate nel Cad o quelle aziende di produzione
di componenti avanzate basate su servizi di progettazione Cad. In entrambi i
casi proprietari e manager sono affannosamente alla ricerca di alternative
peraltro non facili da scovare in quanto tutto il settore automobilistico in
Italia come ben sappiamo si rifà all’universo Fiat. Queste aziende sono ferme in
termini di investimenti e in termini di rinnovo dei processi It. Alcuni
imprenditori torinesi fornitori di prodotti e servizi Cad per
lo sviluppo di componentistica incontrati a un partner meeting hanno dipinto uno
scenario catastrofico. Non solo per le difficoltà oggettive del mercato auto che
stenta a riprendersi, ma anche per le prospettive di riassetto che nel caso
dovesse prendere corpo l’ipotesi di un passaggio Fiat al 100% nelle mani di
General Motors porterebbe in Italia i fornitori di servizi Cad
del colosso statunitense.
Già oggi nella cintura torinese ci sono aziende
che pensano seriamente a come ricollocarsi e secondo questi imprenditori tutto
il Cad “meccanico” italiano se non verrà cancellato subirà certamente un
durissimo colpo. Per la legge dei vasi comunicanti questa crisi propagherà i
suoi effetti sull’indotto dell’indotto, ovvero i fornitori di servizi e prodotti
di It e Tlc, vale a dire a tutto il trade.
Un altro aspetto che non emerge
con la dovuta importanza sui media che si occupano del caso Fiat è quello legato
alla cultura di produzione. é arcinoto che il vero problema all’origine del caso
Fiat è dovuto al fatto che gli azionisti a un certo punto della vita
dell’impresa hanno deciso di staccare la spina alla Ricerca e Sviluppo. Ovvero
hanno deciso di destinare ad altri obiettivi le cospicue risorse necessarie per
innovare, per creare nuovi modelli di autovetture o nuovi cicli e sistemi di
produzione. Tolto l’ossigeno necessario alla vita di qualsiasi impresa ad
elevato contenuto tecnologico, l’impresa non è più sostenibile in quanto si
limita a produrre beni superati dalla concorrenza, tra l’altro con costi di
produzione spesso superiori. In questa fase il testimone dell’innovazione è
passato nelle mani dell’indotto che è stato costretto a innovare per trovare
soluzioni che consentissero di mantenere elevata la capacitˆ produttiva in
presenza di costi sempre più ridotti. Ora il fatto che la Fiat, pur con tutti i
suoi errori, possa essere trasformata da impresa produttrice a tutto campo
(ideazione, ingegnerizzazione, produzione e vendita) ad azienda a ciclo limitato
(produzione e vendita) comporta dei rischi enormi per l’indotto a tutti i
livelli. Anche ammettendo che l’indotto attuale possa continuare a svolgere un
proprio ruolo in una ipotesi di Fiat depotenziata, sarà un ruolo di
esecuzione di processi decisi altrove. Un ruolo che prevede la
definizione dei protocolli di produzione da parte della casa madre e la sua
implementazione nel Paese in cui ha sede la forza lavoro.
L’indotto
perderebbe così tutta la sua forza e così pure i fornitori di It e Tlc che sono
determinanti per la competitività dell’indotto.
Il tema della Ricerca e
Sviluppo è il vero punto critico di tutta la faccenda. é infatti in questo punto
debole che si devono rintracciare le cause più profonde della crisi Fiat ed è
dal mantenimento di una significativa quota di R&D che dipenderà in larga
misura lo stato di salute di un indotto a elevata competitività tecnologica.

Il trade a valore aggiunto, anche quello più lontano da Torino e meno
propenso a lavorare con il mondo automotive e con la Fiat in particolare, ha
oggi interesse a che il più importante gruppo privato italiano mantenga in
Italia la sua capacità di ideazione, progettazione e produzione di componenti
strategici.
Una diversa ipotesi, ancorchè soddisfacente in termini di
salvaguardia del personale e dei valori economici, sarebbe comunque penalizzante
per la capacità dell’indotto di produrre innovazione e dunque circolazione di
ricchezza.
Anche per questo è il caso di fare il tifo per una buona
soluzione del caso Fiat.

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