La ventesima edizione del Forum Pa ha sposato il Bpr del ministro Brunetta e dato voce al movimento dal basso degli innovatori
L’anno scorso il neo-ministro per la Pubblica amministrazione e l’Innovazione Renato Brunetta, appena insediato, aveva usato il Forum Pa come cassa di risonanza per la sua campagna contro i fannulloni. L’effetto aveva amplificato i dubbi già esistenti sulla ulteriore ripetibilità proprio della manifestazione romana, che per molti era il classico esempio di “fannulloni in fiera”. Un giudizio così forte era certamente dovuto più alla considerazione che si aveva della Pa in generale che allo specifico della manifestazione, che in quasi vent’anni aveva continuato a muoversi lungo un percorso chiaro e positivo, laddove l’estrema disomogeneità dei suoi sottoinsiemi lo rendeva possibile.
Insomma, avevamo lasciato il Forum chiedendoci se l’avremmo rivisto. E anche quanto sarebbe durato lo stesso Brunetta, all’apparenza un altro dei rivoluzionari che prometteva agli italiani di reingegnerizzare i processi d’un carrozzone da 300 miliardi di euro l’anno; non solo, si sbilanciava proclamando di volerlo portare all’eccellenza europea e mondiale, usandolo come riequilibratore sociale. Sono sempre affermazioni forti, soprattutto in un paese come l’Italia, che il “divide” se lo porta dentro nella sua morfologia. È bello sperare in innovazioni che semplifichino le pratiche, riducano tempi di attesa e spostamenti e, contemporaneamente, risanino le finanze nazionali, ma era a priori del tutto impensabile che la trasformazione della Pa nella direzione digitale potesse essere la killer application per il Sistema Paese e che fosse possibile realizzarla.
Però l’anno trascorso tra due successive edizioni del Forum Pa ha portato alla luce il disegno di un’architettura rivolta al change management e al Bpr che va salutata come un progetto finalmente organico per l’efficienza nella Pa, se non per il Sistema Paese. A posteriori, quindi, qualche apertura può essere valutata.
Gran parte degli elementi architetturali sono stati annunciati o riassunti in occasione del Forum; altri sono stati presentati nei giorni subito precedenti o appena successivi, contribuendo a formare un quadro costruttivo. Se poi il tentativo giungerà al pieno successo lo vedremo nei prossimi anni. È chiaro che non c’è legge o insieme di leggi che possa portare a un cambiamento di queste dimensioni, che sarebbe epocale, senza cambiare la mentalità di tutti, innescando un circolo virtuoso che coinvolga tutti, quasi come un social network coeso che collabori su scala nazionale e che emargini i fannulloni e i non capaci che zavorrano tutto il resto. Un processo dall’alto, top-down, come questo, non s’era mai visto. Ma difficilmente potrebbe aver successo senza l’incontro-scontro con una partecipazione dal basso, bottom-up, a sua volta turbinoso vortice di sconvolgimento delle ignobili logiche di spesa che portano allo scontro e all’immobilismo le forze positive della Pa italiana. Orbene, il Forum Pa 2009 è stato il terreno d’incontro-scontro anche di queste forze, che già da anni sapevano di esistere ma che non avevano mai fatto gruppo né tra di loro, né verso la Pa centrale. Questa forza oggi c’è e si chiama Innovatori Pa: si tratta di un’altra struttura sociale, bottom-up, modellata sui principi del mondo Open, che adesso è forte e ricca di competenze e di cultura del corretto dimensionamento attraverso lo share-and-borrow (condividi e riusa, potremmo dire) e della cultura del servizio al cittadino, che si pone come una vera e propria opposizione costruttiva al processo top-down innestato dal Governo attraverso Brunetta e la sua legge 15/2009.
Attivare un cambiamento di mentalità
Certo le forze in gioco sono piuttosto articolate ed è lecito che su alcuni punti la proposta possa generare attriti ed essere rallentata se non fermata o anche avversata con reazioni violente. Laddove succeda, e succederà, bisognerà avere pazienza. È auspicabile che questo processo non si fermi e che giunga a compimento. Ma quand’anche s’interrompa, il cambiamento di mentalità, ancorché parziale, resterà comunque patrimonio della Pa che verrà. Per muoversi sul terreno immaginato da Brunetta sarà necessario, come in ogni nuovo mondo, avere una definizione della distanza e della possibilità di misurarla. Orbene questo obiettivo è già raggiunto e i risultati sono su Misurapa.it. Si tratta dei cosiddetti Cento indicatori, dieci per ciascuno di altrettante policy. I dati sono tutti disaggregati a livello regionale in modo da poter effettuare a tutti i livelli (dalla misura elementare al superindice) dei confronti tra sistemi regionali.
Il progetto non è, e non può essere, esauriente, ma costituirà un primo passo verso la costruzione di un sistema su scala nazionale, condiviso per valenza e metodologia degli indicatori: ambiente, giustizia, istruzione, lavoro, mobilità, sanità, sicurezza, welfare, competitività e qualità della vita.
Gli indici, comunque usati, non sono una misurazione assoluta né una pagella, bensì un riferimento relativo.
Efficienza e merito
Ogni transazione della Pa deve essere disponibile e valutabile, negli intendimenti del ministro, che fonda la sua rivoluzione su prestazioni, merito, responsabilità e trasparenza. Un punto essenziale è che il dirigente dovrà scegliere un 25% di inefficienti da escludere dai premi di produttività, argomento che già ha generato riluttanze e altre ne genererà. A domanda diretta ricevuta al Forum, Brunetta ha dichiarato che l’unico suo dubbio è se questo 25% sia troppo basso.
Un altro punto che potrebbe non avere successo è “mettiamoci la faccia”, un sistema di valutazione dei servizi da call center e online. In un paese come l’Italia che poco si fa coinvolgere da poll e che poco è preparato alle previsioni, se qualcuno volesse polarizzare (all’alto o al basso) la valutazione d’un servizio, potrebbe farlo investendo pochi euro in un ridotto flusso di chiamate, operazione che già più volte è stata denunciata per le infinite votazioni richieste dai programmi televisivi.
In conclusione, nella Pa italiana è in atto un processo di assimilazione delle innovazioni sociali che negli ultimi dieci anni hanno modificato il mondo. Si tratta di un cambiamento della governance che richiede la partecipazione di tutti, liberando risorse, emarginando le inefficienze e valutando il merito, includendo nel processo il rinnovamento dal basso e i cardini del social networking.





