Eni: il Cio credibile e comunicativo conquista l’azienda

Chi fa dell’It il suo mestiere deve sviluppare anche competenze relazionali

La gestione di un’infrastruttura informatica complessa quale quella di Eni, che serve tre divisioni operative e circa 77.000 dipendenti nel mondo, richiede polso fermo, profonda cultura tecnica, preparazione economica e di processo, nonché una spiccata propensione relazionale. «Un bilanciamento molto accurato di tutti questi aspetti dovrebbe caratterizzare il profilo del Cio di ogni grande organizzazione – spiega Gianluigi Castelli, Chief information officer di Eni – perché l’intensa relazione che si viene a concretizzare con il business ha bisogno di figure dotate sì di un fortissimo background tecnologico ma anche capaci di creare attorno al proprio ruolo un’elevata credibilità, che non deriva solo dalla disponibilità a condividere le esigenze delle diverse unit ma anche dalla capacità di saper comunicare all’esterno il proprio quotidiano operare».

Un’impostazione che Castelli applica sia con i componenti del suo team (830 persone in Italia, che diventano quasi 1.500 considerando quelle presenti in altre country), sia con gli utenti interni e, non ultimi, i fornitori.

Tra i primi a credere nell’importanza di dar vita alla figura del demand manager per indirizzare al meglio le effettive necessità del business, Castelli ama parlare con i suoi uomini il linguaggio dell’Ict. «Il fatto che il direttore dell’Ict mostri di riuscire ancora a leggere e capire i programmi o a entrare nel merito delle architetture gli permette di guadagnare la stima dei collaboratori, perché chi svolge un lavoro tecnico tende a porre come suo valore principale proprio la competenza tecnica. Allo stesso tempo, però, chi fa della tecnologia il proprio mestiere non deve tralasciare di essere propositivo e di sviluppare una competenza anche relazionale se non vuole imprimere riflessi negativi alla credibilità complessiva della sua struttura. Credo, infatti, che l’80% dei problemi si possa risolvere con una buona comunicazione». In Eni, ad esempio, Castelli ha messo a punto un meccanismo di customer satisfaction interna che si sviluppa su due piani differenti: uno più di natura relazionale, l’altro operativo.

Tramite questionario, infatti, più di 4.000 colleghi delle linee di business possono esprimersi sulla qualità e la continuità del servizio, la capacità di risposta dell’Ict e così via. Il management è, invece, intervistato in maniera singola da personale appositamente incaricato da Castelli. «In fase di analisi delle risposte – commenta -, se individuo pareri negativi, fisso un incontro con chi li ha espressi per comprendere i motivi di insoddisfazione. Si definisce quindi un piano di azione e dopo qualche mese si interpella nuovamente la medesima persona. Solitamente, i risultati sono ottimi. Come sempre, l’attenzione, la capacità di spendersi direttamente e di metterci la faccia fanno la differenza. Così è anche con i fornitori; la loro competenza tecnica è data per scontata. Quello che cerco è, invece, la fiducia, qualcuno che si faccia carico del nostro problema come se fosse suo. Le strutture Ict e di demand management, quando si correlano con i colleghi del business, devono avere il medesimo atteggiamento, mostrare che si sta facendo il meglio possibile per lo specifico contesto».

Anche per questo motivo, Castelli ritiene fondamentale l’integrazione culturale tra le persone, oltre che tra i sistemi e la redistribuzione delle responsabilità. «Quando sono arrivato, nel 2006, ho optato per non imporre una riorganizzazione semplicemente basata sulle mie esperienze precedenti, che è stata, invece, portata avanti in due tempi e, comunque, si è basata su un’ampia condivisione del modello operativo con le persone già in struttura. Ancora non sono perfettamente soddisfatto di come applichiamo il modello definito: vorrei che fossimo ancora più proattivi e propositivi, ma siamo sulla via giusta».

Per raggiungere tale risultato, oltre a collocare in posizioni chiave persone giovani e mentalmente aperte, un aiuto viene dalla formazione.

«Il numero di ore erogato ogni anno è elevato – prosegue – e ricorriamo sia a una società del gruppo dedicata sia a corsi specialistici fuori azienda. Per stimolare e sviluppare le competenze, condividere le esperienze e produrre nuove idee sono state create, poi, delle figure professionali, dei knowledge owner, con il mandato di diffondere capillarmente le conoscenze e abbiamo dato vita a un blog, che vanta un numero di accessi soddisfacente e circa duecento partecipanti attivi. Per continuare a migliorare le proprie competenze e accrescere il bagaglio informativo, infine, ogni singola persona della mia organizzazione può accedere agli studi di un analista con cui abbiamo sviluppato un accordo. Certo, l’investimento su se stessi è faticoso, ma la formazione non deve limitarsi alla frequenza dei corsi e deve proseguire attraverso molteplici strumenti. Senza perdere di vista la qualità del servizio erogato, cerchiamo di superare il mantenimento dell’esistente, dimostrando una forte capacità di innovazione».

A questo scopo, oltre ai normali progetti di sviluppo, sono previsti, ad esempio, progetti denominati “quick win” che, con costi compresi tra 30 e 100.000 euro, servono a esplorare, insieme a fornitori opportunamente scelti, nuove tecnologie e soluzioni, da proporre in un secondo momento al business, al fine di stimolare eventuali riflessioni sui processi.

Ma i progetti Ict in Eni sono molti altri. «Abbiamo concluso da qualche tempo un grande programma di consolidamento Ict che fa a capo alla struttura da me diretta (al di fuori della direzione Ict centrale di Eni restano alcune aziende del gruppo: Snam Rete Gas, Italgas, Saipem e altre società minori, ndr) e che fa anche largo uso di fornitori esterni, ma con un buon bilanciamento», specifica Castelli, il quale può contare su un budget totale annuo di circa 500 milioni di euro, cui se ne sommano altrettanti, equamente divisi tra le società indipendenti del gruppo e le sedi estere (che funzionalmente riportano a Castelli, ma gerarchicamente ai business locali).

In questo periodo, dal punto di vista applicativo, le iniziative si stanno concentrando su sistemi di billing e di Crm per la divisione Gas & Power, sia al fine di migliorare il servizio ai clienti sia per ridurre il cost to serve. «Tra gli altri – continua -, stiamo anche considerando lo snellimento dei processi logistico/commerciali per l’area Refining & Marketing e standardizzando i sistemi gestionali distribuiti attorno al globo per la parte di Exploration & Production. Come struttura informatica, infatti, dobbiamo supportare il business a servire al meglio il cliente ai costi più contenuti possibili. Sul fronte dell’amministrazione, poi, essendo quotati alla Borsa di New York, grande è l’attenzione dedicata ai controlli automatici richiesti dalla Sarbanes – Oxley. La dimensione dei nostri sviluppi richiede, da parte dei fornitori, strutture robuste e grande capacità di fuoco, per cui tendiamo a ricorrere a fornitori di primo piano, ma apprezziamo l’eccellenza anche quando proviene da imprese di dimensioni inferiori. La nostra architettura è, tuttavia, talmente complessa e interrelata che la componente custom per l’integrazione delle varie componenti applicative e dei flussi è, comunque, rilevante». Sul fronte più tecnologico/infrastrutturale è in fase di studio anche un nuovo data center di chiara impronta green, che ambisce a un livello di efficienza energetica mai raggiunta prima e che potrebbe rappresentare l’opportunità per un refresh tecnologico di grande impatto per Eni.

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